C’è chi non ha esitato a chiedere l’intervento della Royal Navy e chi, come il Times, ha accusato il governo di Theresa May di pensare troppo alla Brexit lasciando così sguarniti i confini del regno, mentre l’edizione domenicale del Telegraph non ha esitato a mettere la notizia in prima pagina definendo come un «caos» quanto sta accadendo. Al punto che il ministro degli Interni Sajid Javid ha abbandonato precipitosamente il lussuoso resort africano dove stava trascorrendo le vacanze di Natale con la famiglia per tornare in patria, «prendere in mano la situazione» e stringere in fretta e furia un accordo con il collega francese Christophe Castaner per intensificare i controlli nel Canale della Manica.

Se quanto sta accadendo da alcune settimane in Gran Bretagna non è una vera e propria psicosi, di sicuro gli assomiglia parecchio. La causa di questa situazione «profondamente preoccupante», come l’ha definita il sottosegretario all’Immigrazione Caroline Nokes, sono alcune decine di migranti – in gran parte proveniente di Iraq, Iran e Afghanistan – sbarcati sulle coste del Kent, a sud est dell’Inghilterra, dopo aver attraversato il canale a bordo di mezzi di fortuna. Quanti? Ben 82 tra il 25 e il 27 dicembre, 40 nel solo giorno di Natale tra i quali anche alcuni bambini. Numeri che fanno salire a 220 gli sbarchi da novembre a oggi, ma che fanno sorridere se si pensa a quanto succede normalmente e da tempo in Spagna (253 persone tratte in salvo tra il 24 e il 25 dicembre, più di 9mila sbarchi da novembre, 63.085 dal 1 gennaio al 19 dicembre scorso) e Italia (23.370 arrivi nell’anno appena trascorso). E anche se nessuno ha ancora agitato lo spauracchio di presunte invasioni, a Londra non manca chi parla di «crisi» dovuta all’immigrazione «clandestina»: «E’ arrivato il momento di fermare il marciume inviando la Royal Navy, la marina deve fermare questa crisi che sta diventando una catastrofe», ha chiesto nei giorni scorsi John Woodcock, deputato della commissione Affari interni della Camera dei Comuni.

Va detto che l’impennata degli arrivi è reale, anche se bisognerebbe tenere conto dell’entità dei numeri di cui si parla. Se è vero quindi che le imbarcazioni intercettate nel 2017 sono state solo 13 contro le 500 del 2018, bisogna considerare anche che complessivamente sono stati 1.832 gli immigranti entrati in maniera irregolare in Gran Bretagna tra il 2017 e il 2018, il 23% in meno rispetto ai 2.366 del 2016. Stessa cosa per quanto riguarda le richieste di asilo, passate dalle 84.132 del 2002 alle 32.733 del 2015, per finire con le 7.444 registrate nel terzo trimestre 2.018.

A tentare il tutto per tutto pur di arrivare nel Regno unito sono soprattutto profughi siriani e afghani, ma anche giovani iraniani spinti ad abbandonare il proprio Paese dalle sanzioni imposte dagli Stati uniti. E lo fanno lasciando le coste francesi con ogni mezzo: gommoni, piccole barche in legno e perfino canoe, come le cinque nelle quali i mezzi di soccorso inglesi e francesi hanno trovato 40 migranti.

Adesso ci si interroga sul perché i tentativi di raggiungere la Gran Bretagna dalla Francia siano improvvisamente aumentati. Non è escluso che dietro le partenze ci siano le pressioni sempre più pesanti esercitate dalla polizia francese nei campi di migranti, ma oltremanica non manca chi si dice convinto che le organizzazioni criminali stiano sfruttando il periodo di vacanze, quando il personale della polizia di frontiera è meno numeroso, per mettere in acqua le barche. Senza escludere la possibilità che i trafficanti stiano usando l’imminente Brexit per convincere i migranti ad approfittare delle ultime occasioni prima che le frontiera del Regno unito si blindino ulteriormente. Possibilità pagata a caro prezzo, se è vero che per un posto in barca vengono chieste 2.000 sterline.

Intanto il maggior numero di partenze ha fatto scattare l’allarme tra le associazioni umanitarie che si occupano di migranti e rifugiati, preoccupate dalla possibilità di un naufragio nelle acque del canale.