In campagna elettorale parlava di «dignità del lavoro» e di «giusta retribuzione», mentre si faceva fotografare con Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista e Giancarlo Cancelleri. Fabrizio La Gaipa nei suoi discorsi ad Agrigento, il suo collegio elettorale, incitava la folla dei 5 Stelle inneggiando all’«orgoglio» dei lavoratori. E citava persino il partigiano capo dello Stato, Sandro Pertini. Perché come diceva lui, «chi ha un proprio reddito e la propria dignità è una persona libera che voterà liberamente e che farà il bene della società».

Predicava bene, l’imprenditore pentastellato. Ma la realtà, secondo la Procura di Agrigento, era ben diversa. Avrebbe minacciato i suoi dipendenti di licenziamento se non avessero accettato salari più bassi di quelli dichiarati nelle buste paga. Due di loro si sono ribellati. E durante il colloquio con La Gaipa hanno registrato la conversazione, consegnando l’audio agli investigatori. Per la Gaipa sono scattate le manette. L’accusa è pesante: estorsione. Fine dell’ambizione politica del rampante imprenditore che, fallito il tentativo di conquistare uno scranno all’Ars risultando il primo dei non eletti dei 5S ad Agrigento, stava già pensando di candidarsi alle politiche col movimento abbracciato due anni fa.

Un fulmine a ciel sereno per i pentastellati, che, nonostante abbiano perso le regionali, pur confermandosi il primo partito in Sicilia, continuavano a cavalcare la polemica sugli «impresentabili» sulla scorta dell’arresto del neo deputato Udc Cateno De Luca per evasione fiscale e dell’indagine aperta a Catania dopo la denuncia del figlio di una donna disabile che qualcuno ha fatto votare nella casa di cura dove alloggia e che ha costretto il deputato del Pd Luca Sammartino ad annunciare querele perché tirato in ballo nonostante non sia indagato. Mentre è indagato per voto di scambio un altro neo deputato siciliano, Edy Tamajo, eletto con la lista Sicilia Futura che ha sostenuto Fabrizio Micari del centrosinistra.

Per La Gaipa, titolare dell’albergo Costa Azzurra Museum sul litorale agrigentino di San Leone, il collegio dei probiviri dei 5 Stelle ha disposto la sospensione in via cautelare. In un post su Fb il Movimento giudica l’arresto un fatto «molto grave che riguarda la sua persona e la sua impresa, ma non essendo stato eletto non è un rappresentante del movimento». E «fino a ieri nulla risultava a suo carico». Il M5S sottolinea che «La Gaipa è fuori», mentre «negli altri partiti gli arrestati determinano la maggioranza all’Ars».

Già in campagna elettorale i 5 Stelle erano scivolati su due casi. Claudio Fava aveva rivelato che il cugino di Giacomo Li Destri, candidato a Palermo, era imputato di mafia perché ritenuto punto di riferimento del clan di Trabia, sul quale pende una richiesta di condanna a 14 anni. In quel caso i grillini fecero quadrato attorno all’imprenditore che aveva sostenuto di non avere rapporti col cugino ormai da trent’anni. L’altro caso ha riguardato Gionata Ciappina, candidato a Catania: in piena campagna elettorale venne fuori che era stato condannato due anni fa dal Tribunale militare di Napoli a due mesi di reclusione per violata consegna e abbandono di posto aggravato in concorso, quando era appuntato dei carabinieri. Cancelleri prese le distanze dal candidato accusandolo di avere omesso la condanna; Ciappina, rimasto in lista, non è stato eletto.