Crolla il Muro di Berlino su Swift e armi. Ci ha provato fino alla fine, poi il cancelliere Scholz ha dovuto cedere alla madre di tutte le sanzioni, anche se in una formula depotenziata. In altre parole, la Germania dice «Ja» allo scollegamento delle banche russe dal sistema mondiale dei pagamenti, ma a eccezione degli istituti dove transitano gli scambi energetici.

Berlino non è più sola contro il resto d’Europa, dunque, ma allineata alla retromarcia già innestata di Cipro, Italia e perfino dall’Ungheria che la settimana scorsa aveva firmato con Mosca il maxi-contratto per la fornitura di gas a prezzo politico. Cade anche l’inflessibile veto sull’export di armi made in Germany all’esercito di Kiev. La coalizione Semaforo ha già dato il nulla-osta ai Paesi Bassi per vendere 400 lanciarazzi anticarro forniti da Berlino alle forze armate olandesi più i 9 obici ex Ddr venduti all’Estonia. Una svolta storica: finora la Repubblica federale aveva inviato all’Ucraina solo cinquemila elmetti e un ospedale da campo.

«Il 50% delle nostre importazioni di carbon-fossile viene dalla Russia. Se dovessimo rinunciarvi, le nostre centrali non potrebbero più funzionare. Avremmo fatto qualsiasi cosa per fermare questa follia, ma dobbiamo stare bene attenti a non mettere in campo strumenti che finirebbero solo per far ridere Putin, dato che colpirebbero molto più duramente lui che noi» è l’incontrovertibile logica a favore dello Swift parziale della ministra degli Esteri, Annalena Baerbock.
Insomma, neppure volendo la Germania poteva dare luce verde alla massima rappresaglia finanziaria senza eccezioni, pena la distruzione dell’interscambio russo-tedesco attualmente pari a 59,8 miliardi di euro annui, per la maggior parte alla voce importazioni. Con il 59% di energia comprata da imprese direttamente controllate dal Cremlino «espellere la Russia totalmente dallo Swift vorrebbe dire che la Germania non potrebbe più pagare il gas che le serve. E noi possiamo resistere al massimo per un mese» calcola il ministro delle Finanze, Christian Lindner.

Senza contare l’eventualità che la Russia – magari insieme alla Cina – possa aggirare il blocco occidentale sviluppando sistemi alternativi di transazione finanziaria, a partire dalle criptovalute. Per questo la Germania ha accettato solo di escludere Mosca con una sorta di Swift «depotenziato», in grado cioè di non colpire le banche su cui transitano i pagamenti energetici. Scholz ne ha parlato in anticipo con il premier francese Macron.

L’obiettivo della Germania è tenere il punto su ciò che resta del gas dopo la travagliata, costosissima, rinuncia al Nordstream-2, nonostante l’aumento esponenziale della pressione esterna ieri esercitata dai presidenti polacco, Mateusz Morawiecki, e lituano, Gitanas Nauseda, giunti a Berlino per il trilaterale. «Oggi non è più il tempo dell’egoismo che vediamo anche in Germania. Ho voluto incontrare Scholz per smuovere la coscienza dei tedeschi, affinché optino per sanzioni dure in grado di influenzare davvero Putin» è la consegna affidata al capo di governo dell’Ue più allineato con Washington. Mentre il primo ministro ucraino Volodymyr Zelenskyy chiedeva al cancelliere di «mostrare lo stesso coraggio degli alleati Ue».

Ma a Berlino sanno fare bene i (propri) conti: l’espulsione totale di Mosca dallo Swift per la Germania significa termosifoni chiusi e industrie ferme nel giro di poche settimane, cioè la più grande vittoria per il presidente russo, come tiene a precisare Baerbock. «Se noi o altri Paesi europei dovessimo avere problemi di approvvigionamento energetico, allora si sarebbe realizzato il vero obiettivo di Putin: destabilizzare l’Ue».

Intanto, per adesso, di destabilizzati ci sono i partiti tedeschi. Tra i Verdi e soprattutto nella Spd si moltiplicano gli hard-liner contro Putin, come la presidente dei Giovani Socialisti, Jessica Rosenthal, che insiste per espellere i russi non solo dallo Swift, o il deputato Verde Anton Hofreiter, pronto a boicottare in toto l’importazione dei combustibili fossili da Mosca.