Il ministro Tajani, ma anche Carlo Calenda, alzano il ditino contro Elly Schlein, accusandola di essere poco informata, dopo che la leader Pd venerdì a Gubbio ha chiesto lo stop all’esportazione di armi verso Israele, per evitare che quelle armi servano per commettere «crimini di guerra». «È dal 7 ottobre che abbiamo deciso di non inviare più armi a Israele, la segretaria è male informata», dice il ministro. «Come è possibile che la segretaria del primo partito di opposizione non sappia che non stiamo vendendo armi ad Israele?», rincara su X il leader di Azione.

IN REALTÀ SCHLEIN si riferiva non all’Italia, ma a tutti i paesi membri dell’Ue. E, in particolare, a un emendamento delle sinistre votato anche dai dem giovedì all’europarlamento, durante la discussione sulla risoluzione per il cessate il fuoco a Gaza. In quel testo, poi bocciato dall’aula, si faceva chiaramente riferimento allo stop alle armi per tutta l’Ue. Tra l’altro, l’effettivo stop delle armi italiane a Tel Aviv, previsto dalla legge 185 del 1990, è controverso. Ieri il senatore di Sinistra-Verdi Peppe De Cristofaro ha ricordato di aver presentato un’interrogazione e ai ministri Crosetto e Tajani per sapere se l’Italia sta continuando a fornire armi a Israele. Ricordando che l’Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento (presso la Farnesina) «ha opposto un diniego totale alla richiesta di trasparenza avanzata da Altreconomia», negando anche «copia dell’eventuale decreto di sospensione o revoca delle autorizzazioni all’esportazione» di armi. In attesa dei chiarimenti, la leader Pd ha semmai avuto il torto di non specificare che si riferiva a una discussione nell’europarlamento, come ricordato ieri dal capogruppo Brando Benifei a Calenda.

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MA LA SOSTANZA POLITICA del suo messaggio è stata colta: un piccolo cambio di linea dei dem che finora, pur condannando i massacri di civili, hanno sempre sostenuto il diritto di difesa di Israele dopo l’attacco del 7 ottobre. Un movimento che fa il paio con la scelta, il 10 gennaio, di astenersi in Parlamento sulla risoluzione del centrodestra sull’Ucraina. Un uno-due che il renziano Borghi definisce «la prova regina della “corbynizzazione” del Pd, con il voto favorevole a un emendamento dal chiarissimo sapore anti-israeliano».

Le parole della leader ricevono il plauso della sinistra dem, mentre i riformisti-atlantisti per ora tacciono. «Il tema di cosa fare in più per fermare il massacro a Gaza si pone con un’enorme forza», dice Andrea Orlando. «Dovremmo chiedere con più intensità al governo di agire per la costituzione di uno Stato palestinese». A fine gennaio sarà presentata in Parlamento una mozione del Pd, con la regia di Peppe Provenzano, che chiede il cessate il fuoco immediato e di dare corso al riconoscimento dello stato palestinese che le Camere hanno votato nel 2015. Sulla stessa anche Laura Boldrini: «Nessun paese dovrebbe inviare armi al governo di Israele poiché le sta usando contro i civili».

IN QUESTO FINE SETTIMANA dominato dal conclave dei deputati a Gubbio, Schlein si è concentrata sulla due giorni al Nazareno dedicata ai temi dell’immigrazione. Ieri, nelle conclusioni, ha lanciato la proposta di legge che dovrebbe sostiure la «criminogena» legge Bossi-Fini, e che prevederà «più canali di ingresso regolari» e un «permesso di soggiorno per la ricerca di lavoro». Sullo ius soli ha detto che «bisogna «riaprire la battaglia una volta per tutte, senza alcun timore: per me chi nasce e cresce in Italia deve essere cittadino italiano».

Basta dunque con «la ricerca di compromessi». «Per troppo tempo le forze progressiste europee, non solo il Pd, non hanno saputo contraporre una chiara visione alternativa alla becera retorica delle destre«, ha tuonato la leader. «Non possiamo più ammiccare alle loro ricette, serve una visione anche per ricomporre le fratture» con i mondi più sensibili al tema dei migranti.

ALTRO CAPITOLO RIGUARDA il fine vita. Schlein si è detta «ferita» per il voto espresso in Veneto dalla consigliera dem Anna Maria Bigon, che si è astenuta sulla proposta del governatore Zaia contestata dalle destre (il suo voto è stato decisivo per l’affossamento della legge). I cattolici difendono Bigon. «Se la puniscono mi autosospendo dal Pd», avverte l’ex ministro Graziano Delrio. «Provvedimenti nei suoi confronti negherebbero il primato della libertà di coscienza», rincara Lorenzo Guerini. Il capogruppo Boccia esclude provvedimento disciplinari, e rilancia il ddl Bazoli sul fine vita, il cui percorso è stato interrotto dalla fine della scorsa legislatura «Lo riproporremo in Senato insieme alle altre forze che lo avevano sostenuto».