Clima e terrorismo: le due emergenze che il mondo non sa e non vuole affrontare perché del mondo sono il diretto prodotto. Parigi nelle ultime settimane è al centro di entrambe le questioni, Stato Islamico e cambiamenti climatici. Nella capitale parigina sono sfilati i grandi leader, quelli che la minaccia islamista hanno aiutato a generare e che la distruzione del pianeta contribuiscono ad accelerare.

A 2mila chilometri di distanza, a Tunisi, si raccontava un’altra storia: quella della base che fa del lavoro e del dialogo la ricetta per le crisi. Quella climatica e quella del posticcio scontro tra Occidente e mondo arabo. L’ingrediente è inaspettato: le api.

Dieci paesi del bacino Mediterraneo, dall’Italia al Nord Africa al Medio Oriente, lavorano da anni per salvare le api e l’arte dell’apicoltura. E quindi la biodiversità. Sono cooperative locali e piccoli produttori di paesi che la cronaca conosce solo per il ciclo di violenze in cui sono costretti dagli interessi globali: Marocco, Tunisia, Algeria, Libia, Egitto, Palestina, Siria, Giordania e Iraq. Con l’Italia si sono incontrati nella capitale tunisina martedì e hanno approvato la Carta dei Mieli del Mediterraneo, durante la sesta edizione del Forum dell’Apicoltura del Mediterraneo.

Oltre 300 partecipanti: produttori delle 22 organizzazioni professionali apistiche membri dell’Apimed (Federazione degli apicoltori del Mediterraneo), ricercatori e rappresentanti delle istituzioni. Quelle a cui il progetto internazionale Mediterranean CooBEEration (www.coobeerationcampaign.org) punta: fare lobby sugli Stati per proteggere le api e la biodiversità. CooBEEration è nata per valorizzare le api domestiche e i mieli prodotti nel bacino mediterraneo, attraverso l’adozione di elevati standard qualitativi (più severi di quelli europei) e normative per la tutela.

«Mediterranean CooBEEration è nato nel 2010 dopo cinque anni terribili per le api – spiega al manifesto Vincenzo Panettieri, presidente di Apimed – Le morìe dell’epoca furono un campanello d’allarme per le opinioni pubbliche. Le responsabili sono le multinazionali dell’agrofarma che usano pesticidi letali. Le ragioni della morìa non sono state scoperte dai ricercatori, ma dagli apicoltori».

Un’arte antichissima, l’apicoltura, legata al territorio. Lo preserva come preserva il paesaggio: le api impollinano 150-200 piante superiori a fiore e 350mila di quelle selvatiche, l’80% del totale. «Un mondo senza api sarebbe un mondo senza l’agente di propagazione delle specie vegetali. Sparirebbero interi ecosistemi».

Ma il potenziale del progetto mediterraneo va oltre la tutela dell’ambiente: mette in gioco il lavoro e quindi lo strumento per combattere la marginalizzazione delle classi medio-basse, il fallimento delle cosiddette primavere arabe in Nord Africa e la frammentazione del cuore del Medio Oriente, Damasco e Baghdad. «L’apicoltura è un’attività millenaria ma è anche paradigma per il futuro perché ha una valenza culturale, economica, sociale ed ambientale – ci spiega Lucia Maddoli, responsabile dei progetti per Felcos Umbria, Fondo di Enti Locali per la Cooperazione decentrata e lo Sviluppo umano sostenibile – Il forum di Tunisi ha una grande valenza politica in un periodo che mette in pericolo i rapporti tra popoli: prima di essere un forum di apicoltori, siamo un forum di uomini e donne che vogliono cooperare per creare un’area di pace e benessere condiviso. Lo sviluppo di questo settore può creare posti di lavoro per i giovani nei paesi nordafricani e mediorientali».

La Carta dei Mieli è un punto di partenza: «La rete serve a scambiarsi esperienze e a fare pressione sui governi per tutelare il settore – continua Panettieri – Le leggi europee sono buone, omogenee, sia dal punto di vista della qualità che della commercializzazione. Ma quello che vogliamo va oltre: portare questa esperienza comunitaria alla base, agli apicoltori. Uno strumento di democrazia, dove la legge non è imposizione ma un modo per regolare ed incentivare la produzione. Vogliamo dare dignità a chi lavora».

«La Carta è una sorta di autonormazione, non ha valore di legge ma servirà agli apicoltori per dialogare con i propri governi – aggiunge la Maddoli – Li proteggerà dalle importazioni di miele di cattiva qualità, come quello cinese. Ci vorranno anni per arrivare ad un vero e proprio brand del Mediterraneo, ma questo è il primo passo per la valorizzazione del miele. La commercializzazione non è il solo scopo, il primo è la tutela della biodiversità: se si produce meglio, si vende meglio; se si ha cura delle api, si salvaguarda la sicurezza alimentare e lo sviluppo locale».

Con le api si dialoga, con il lavoro ci si avvicina. La società civile e i piccoli produttori restano lontani dai tavoli della diplomazia ma mostrano le potenzialità della cooperazione: «Noi di Felcos non siamo apicoltori, siamo un’associazione di enti locali che fa cooperazione territoriale – conclude – Facciamo dialogare territori diversi e li facciamo confrontare su basi di sviluppo umano sostenibile. Nel 2007 apicoltori italiani, marocchini e libanesi si ritrovarono e scoprirono di avere problemi simili. Li hanno affrontati insieme».