Nel 2016, suscitò una certa meraviglia il romanzo della scrittrice coreana Han Kang, La vegetariana, in cui si racconta di una casalinga – «la donna più ordinaria del mondo», secondo il marito – che, in seguito a un sogno raccapricciante, decide di abolire la carne dalla sua vita, sino a trasformarsi lei stessa in un vegetale. Nella brillante traduzione inglese di Deborah Smith (da cui deriva anche la versione italiana edita da Adelphi), il romanzo vinse l’International Booker Prize, suscitando, da un lato, l’interesse e la curiosità del pubblico europeo e, dall’altro, la perplessità dei critici coreani, che lamentavano un eccesso di creatività nella versione britannica.

Caso emblematico di World Literature, ovvero, letteratura che, grazie alla traduzione, si impone al di fuori del proprio paese di origine, e acquista fama internazionale tale da divenire un classico minore, La vegetariana nel giro di pochi anni è arrivata a imporsi come modello narrativo, tanto tematico quanto strutturale, per l’inglese Anna Metcalfe, che ha concepito la sua opera prima, Crisalide, (traduzione di Ada Arduini, Enne Enne Editore, pp. 263, € 19,00) come un «atto di adorazione» nei confronti del lavoro di Kang. Strutturato in tre parti come La vegetariana, anche il romanzo di Metcalfe mette in scena una donna che, rinunciando a ogni relazione umana, raggiunge una sorta di immobilità quasi vegetale.

Tuttavia, laddove la metamorfosi della protagonista coreana viene raccontata in prima persona dal marito e, successivamente, alla terza persona secondo il punto di vista del cognato e della sorella, l’anonima creatura di Metcalfe si trasforma in una influencer capace di allontanare dalla vita attiva migliaia di follower, seguendo un rigoroso percorso di fitness, raccontato, sempre in prima persona, rispettivamente da un frequentatore della sua palestra, Elliot, da sua madre, Bella,  e dalla sua coinquilina nonché ex-collega,  Susie. A chi legge spetta il compito di ricongiungere i tasselli del puzzle, mettere a confronto le versioni dei singoli narratori, colmare le lacune dell’uno con il racconto dell’altra, per cercare una giustificazione – peraltro impossibile – al comportamento della protagonista.

Così, Elliot, un individuo asociale, affascinato dalla caparbietà con cui la donna sviluppa in poco tempo una muscolatura eccezionale, nel corso della breve relazione erotica che intrattiene con lei viene a conoscenza di alcuni dettagli inquietanti sulla sua vita sentimentale, di cui Susie offrirà una visione più completa, illuminando il rapporto al limite della perversione dell’amica con un collega del suo studio legale. Spetta a Bella, nella sezione più lunga del romanzo, chiarire come la metamorfosi della figlia possa derivare da un’infanzia difficile, funestata da continui tremori convulsivi, e da un’adolescenza solitaria, in cui la ragazza ha sviluppato una incredibile capacità di distacco da ogni relazione, per superare il bullismo dell’ambiente scolastico.

Dalle parole dei tre narratori viene fuori il ritratto di una donna incapace di empatia che, non sapendo – o non volendo – intrattenere relazioni soddisfacenti con i suoi simili, ha finito per nascondersi dietro uno schermo, da cui offre di sé l’immagina di una assoluta immobilità, che spinge molti tra coloro che la ammirano a cercare a loro volta l’isolamento e la solitudine. Crisalide potrebbe essere letto come la storia del pifferaio magico aggiornata al terzo millennio: mostrandosi in Internet immobile per ore in complicate posizioni yoga, la protagonista senza nome di Metcalfe allontana i suoi seguaci dai loro affetti e li trascina verso un altrove da cui non faranno più ritorno.