Le nuove politiche migratorie del governo messicano entrano nel vivo e l’accordo, firmato il 7 giugno a Washington per scongiurare l’ipotesi ventilata da Trump di dazi del 5% sulle proprie esportazioni, diventa sempre più realtà: e così dopo lo spostamento di migliaia di effettivi della Guardia nazionale e la conseguente militarizzazione della frontiera con il Guatemala, si è dato il via anche al programma di rimpatrio volontario dei migranti.

Lopez Obrador in campagna elettorale fece suo il motto «prima i messicani», e in queste ore le scelte del governo «Amlo» seguono la linea: la Guardia nazionale e la Polizia migratoria hanno iniziato operazioni di ricerca e localizzazione di migranti senza documenti. Le perquisizioni sono scattate anche tra i diversi punti di accoglienza che in Chiapas sono stati allestiti vicino alla frontiera. Solo nelle prime 9 persone sono state arrestate e saranno espulse dal Messico. Il nuovo esecutivo ha ceduto alle pressioni e al ricatto Usa. Tra l’umanità e la difesa del diritto di migrare Amlo ha scelto il neoliberismo e la salvaguardia del mercato.

Le nuove misure contro i migranti sono in continuità con il progetto «Piano di sviluppo integrale». 30 milioni di dollari che il Messico stanzierà per bloccare i flussi migratori finanziando direttamente i governi dei paesi del cosiddetto «triangolo nord»: Guatemala, Honduras, El Salvador. Il programma di investimenti è stato stilato da Lopez Obrador assieme alla Commissione economica delle Nazioni unite per l’America latina e i Caraibi (Cepal). L’obiettivo dichiarato è ridurre le cause che costringono le persone a migrare: povertà, diseguaglianze e violenza.

Il progetto che ha preso il via ufficiale a metà giugno non tiene però conto delle condizioni materiali dei tre paesi, dell’alto livello di corruzione dei governi e nel caso dell’Honduras anche della forte illegittimità del presidente Juan Orlando Hernandez, tornato al potere con una sorta di golpe elettorale. La prima emissione di contanti è stata destinata a piantare alberi da legno e frutta e questo dovrebbe, secondo il piano, creare occupazione.

Martedì 2 luglio, il giorno dopo i festeggiamenti allo Zocalo con cui Lopez Obrador ha voluto ricordare la vittoria elettorale del 2018 (era presente anche Carlos Slim, uno degli uomini più ricchi al mondo), un primo autobus è partito da Ciudad Juarez – al confine con il New Mexico – con a bordo 69 persone di Guatemala, Honduras ed El Salvador che si trovavano in Messico con regolare permesso di soggiorno. Dopo aver chiesto asilo negli Stati uniti sono state trasferite in Messico, come prevede l’accordo, e dopo il rifiuto da parte delle autorità Usa, pare abbiano deciso di farsi accompagnare al loro paese d’origine.