Dopo aver ricevuto il Leone d’oro alla carriera alla 76° Mostra di Venezia, Pedro Almodovar torna al Lido un anno dopo con un cortometraggio girato per la prima volta in inglese e nel mese di luglio, appena l’uscita dal confinamento lo ha permesso: «Il lockdown ci ha costretti in casa e ci ha dimostrato fino a che punto dipendiamo dalla finzione, infatti la cultura e il cinema sono stati essenziali per affrontare quel momento difficile. Per me è stato inquietante accorgersi che la casa è anche un luogo di reclusione dal quale rischiamo di non uscire perché da lì possiamo fare qualsiasi cosa: comprare, lavorare e ciò è pericoloso. Le aziende hanno capito che il lavoratore può produrre da casa e costa pure meno quindi questa reclusione rischia di continuare anche oltre la pandemia. La sala cinematografica è un antidoto al rischio di rimanere chiusi in casa: ci costringe a scegliere un film, una sala, a vestirci e a uscire». Nella sala si vive quasi una catarsi collettiva della quotidianità: «Un’esperienza umana di condivisione essenziale, lo dico come spettatore e come esercente. Voglio continuare a sentire gli spettatori che respirano in sala per capire come un film viene ricevuto. Come cineasta ho voluto reagire al rischio di isolarmi dedicandomi subito a un nuovo progetto».

COSÌ È NATO La voce umana, liberamente ispirato al testo di Cocteau: «è un capriccio, un esperimento, una libertà che mi sono preso nei confronti di un testo che mi aveva già ispirato in precedenza e che trovo ancora molto vivo ma vi prometto che questa è l’ultima volta». Uno stile cinematografico che si è modificato nel tempo: «Da Julieta in poi sto cercando di elaborare narrazioni più contenute, con meno elementi in gioco ma trattati con maggiore profondità e sobrietà. È una decisione che ho sviluppato anche con Dolor y gloria e che La voce umana esplora non tanto dal punto di vista del linguaggio quanto piuttosto della durata. In un momento cui tanti miei colleghi realizzano serie, La voce umana nasce dal mio desiderio di misurarmi con la realizzazione di un corto». Il prossimo film è già in cantiere e la lavorazione sta per partire: «Sarà un western distopico intitolato Estranha forma de vida, come un fado di Amalia Rodriguez, ambientato in un mondo senza cinema: come affrontare un tale vuoto?».