A sinistra, la politica sembra abbia dismesso il principio di solidarietà, a volte anche quello di realtà. In questo modo ci siamo avvicinati alle imminenti elezioni in regione Lazio. Negli ultimi mesi, le forze progressiste si sono impegnate attorno a un dibattito tutto politicista, che poco ha a che fare con il futuro delle donne e degli uomini che vivono nella nostra Regione. Abbiamo perso di vista l’opportunità di battere Meloni sul campo e quindi i rischi che correremo se la destra dovesse affermarsi alle imminenti elezioni.

Dal canto nostro, con la rete della sinistra civica di Roma e Lazio, abbiamo provato fino alla fine a tenere insieme il campo largo che già governava, ancor meglio che tuttora governa in Regione. Purtroppo, il lascito del governo Draghi ha determinato una frattura politica insanabile tra il segretario del Pd Enrico Letta e il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte. Una frattura che pesa sulla campagna elettorale e rischia di pesare sulla vita dei cittadini e delle cittadine.

La nostra regione è stata per dieci anni un laboratorio politico per il campo progressista e un’esperienza di buon governo.

Con il presidente Zingaretti, con il suo vice Massimiliano Smeriglio, abbiamo sperimentato quella Piazza Grande che ora più che mai servirebbe per arginare una destra regressiva ed aggressiva che dilaga alle elezioni, o almeno tra coloro che scelgono ancora di andare a votare. La forza della destra appare evidente nonostante i primi scricchiolii, dovuti ai prezzi e al carovita, nella luna di miele tra gli elettori e la premier Meloni.

Quanto di buono abbiamo seminato e raccolto nel Lazio, ora è drammaticamente a rischio. Appare chiaro che solo la coalizione progressista riunita intorno ad Alessio D’Amato sembra essere i in grado di contrastare la vittoria della destra. Una coalizione plurale che ha scelto D’Amato perché è un eccellente amministratore capace di gestire l’emergenza pandemica con polso e determinazione. Chi ha scelto di rompere questa alleanza ha compiuto una scelta sbagliata e velleitaria.

Anche per questo, nella coalizione progressista l’ancoraggio ai valori della giustizia sociale e ambientale, delle vertenze territoriali, dei movimenti femministi, antirazzisti e pacifisti è rappresentato dalla lista Verdi e Sinistra in cui ho deciso di collocare la mia battaglia, direi la battaglia politica delle tante realtà territoriali combattive e resistenti che sostengono la mia candidatura come una “candidatura collettiva”.

C’è un tempo per discutere, dividersi e c’è persino un tempo per il disincanto…. tutto legittimo. Adesso è tempo di battersi, di ritrovare le ragioni di fondo e la forza di un progetto collettivo capace di fermare la destra più pericolosa. Una destra che non sposta di una virgola l’agenda sociale del Paese, anzi la peggiora, e che incide con arroganza sulle scelte, sugli stili di vita, sulle sfere più intime della nostra esistenza: basti pensare a ciò che sta accadendo in Umbria sui consultori.

Ecco, noi siamo in campo con questo spirito: raccogliere il testimone di un decennio di buon governo e dare un segno di discontinuità. Vogliamo provare a vincere sempre senza rinunciare alla radicalità del nostro profilo politico. Perché senza una giusta radicalità, le forze progressiste saranno costrette all’irrilevanza e all’incapacità di rappresentare quei conflitti che si svilupperanno negli anni a venire.

Sostenere questa impresa è un compito per tutte e tutti i progressisti.

*Candidato alle regionali