Nonostante il maltempo e l’inizio del Ramadan, sono state migliaia le persone che hanno manifestato questo venerdì, il 113° consecutivo di mobilitazione del movimento Hirak, in tutto il paese con cortei che hanno sfilato a Algeri come a Orano, Constantine, Bejaia, Tizi Ouzou, Bouira, Annaba. Ai soliti slogan del movimento – «stato civile e non militare» e «Algeria democratica e libera dal sistema» – si sono aggiunti quelli contro il continuo clima di repressione e contro l’incarcerazione di decine di attivisti.
Riguardo agli arresti la Lega algerina per la difesa dei diritti umani (Laddh) ha espresso forti preoccupazioni per la vita di 23 manifestanti, in cella da inizio aprile e attualmente al decimo giorno di sciopero della fame, con 8 prigionieri che sono stati trasferiti all’ospedale di Algeri in «gravi condizioni».

«RITENIAMO LE AUTORITÀ politiche e giudiziarie responsabili di ogni sviluppo della situazione – ha scritto in un comunicato stampa di ieri la Laddh – come è avvenuto in passato con Kamel Fekhar e Mohamed Tamalt, morti in carcere nel 2016 e nel 2019 a seguito di uno sciopero della fame».

Secondo i leader dell’Hirak, che ha ripreso a manifestare nelle strade dallo scorso 22 febbraio dopo un anno di sospensione a causa della pandemia, questa nuova fase rappresenta «un cambiamento della strategia di mobilitazione».
«Il fatto che il governo si stia attivando in qualsiasi maniera, alternando una dura repressione a un finta apertura con la proposta di nuove elezioni – ha detto a France24 Karim Tebbou, uno dei leader del movimento – è la dimostrazione della forza dell’Hirak, che chiede di cambiare il sistema con un processo democratico e pacifico di partecipazione popolare».

«RESTA EVIDENTE IL TENTATIVO del sistema che vuole imporre la propria tabella di marcia contro la volontà del popolo, cercando di dividere il movimento con delle aperture di facciata o con la politica del fatto compiuto: dall’elezione illegittima del presidente Tebboune, al referendum costituzionale (novembre 2020) fino alle prossime politiche» ha aggiunto Tebbou.
Riguardo alle elezioni di giugno sono numerose le divisioni tra i partiti algerini. Viene data per certa la partecipazione di quelli pro-potere all’epoca di Bouteflika come il Fronte di liberazione nazionale (Fnl) e il Raggruppamento nazionale democratico (Rnd).

LE FORMAZIONI ISLAMISTE, che in un comunicato unitario hanno «elogiato la scelta del presidente Tebboune», si presenteranno con una coalizione che raduna tutte le principali correnti, come il Fronte per la giustizia e lo sviluppo (Fjd) di Abdallah Djaballah o il Movimento per la Società e la Pace (Msp) di Abderazzak Makri.

Al contrario, tutte le formazioni progressiste come il Raggruppamento per la cultura e la democrazia (Rcd), il Fronte delle forze socialiste (Ffs) e il Partito dei lavoratori (Pt) hanno deciso di boicottare le elezioni, viste come «l’ennesimo tentativo del sistema di restare in vita».