L’Italia rivendica la leadership sull’intero dossier Libia, «da mettere in testa all’agenda internazionale delle Nazioni Unite» – prima di altri come i rapporti Usa-Russia, la Norcorea, lo Yemen e la Siria, ha detto ieri il ministro Alfano – proprio lo stesso giorno in cui nel porto di Tripoli attracca la motonave della Marina italiana «Tremiti».

E il portavoce della Marina libica Ayoub Qassem le dà il benvenuto chiarendo al giornale Al Wasat che il ben più grande pattugliatore d’altura «Comandante Borsini», come altre navi in precedenza, ha solo avuto il ruolo di portare a terra il personale tecnico italiano che dovrà operare a supporto della Guardia costiera libica.

Domenica scorsa in effetti la «Comandate Borsini» è salpata dal molo di Tripoli, dopo soli cinque giorni in rada, e non si sa se e quando sarà rivista all’interno delle 12 miglia di acque territoriali. Anche se – a ben vedere – nel preventivo di spesa e nella durata della missione uno dei quattro pattugliatori in forze alla Marina militare italiana dovrebbe essere distaccato in Libia dal 1 agosto al 31 dicembre di quest’anno. Il costo previsto di tale «dispositivo aeronavale nazionale Mare Sicuro» – il pattugliatore è dotato di pista per elicotteri e cannononi a medio raggio, la motonave di ambulatorio medico – è infatti di 34.950 mila euro per il 2017.

Il generale della Cirenaica Belqasim Kalifa Haftar però ha percepito l’arrivo della grossa nave da guerra come un’ingerenza. E il nuovo inviato dell’Onu per la Libia, Salameh, ieri di passaggio a Roma ha chiarito che con Haftar deve ancora aprire una interlocuzione, «come con tutti gli attori libici, non solo politici ma anche società civile» prima di intavolare una mediazione per un nuovo accordo di pacificazione libico. Con Haftar – ha riferito l’inviato – finora ha avuto solo un fugace incontro. «L’ho visto solo a Parigi due ore – ha detto – e ho capito che ha un ruolo forte in una parte della Libia. E che è sicuramente un militare», ha aggiunto con un sorriso.

L’inviato speciale Onu, il libanese Ghassam Salameh, ha uno stile assai diverso dal ministro degli Esteri Angelino Alfano, si notava plasticamente ieri nella conferenza stampa alla Farnesina. Alfano ha parlato molto con toni perentori e frasi studiate, tutto il contrario del suo interlocutore. «Troppi negoziati e negoziatori per zero risultati», ha iniziato il ministro con evidente riferimento all’iniziativa del presidente francese Macron, e alla fine si è detto «contrario a derby tra rigore e umanità», a proposito delle polemiche sul codice Minniti e le ong che non l’hanno firmato come Msf.

Salameh a una domanda specifica sul suo giudizio a proposito della missione appena varata dall’Italia per aiutare i guardiacoste libici a controllare i flussi di migranti non ha dato una risposta netta. Ha detto che sarebbe «irrealistico non affrontare il problema dell’immigrazione irregolare dalla Libia», ha ammesso che serve più controllo, migliore cooperazione con i paesi limitrofi, e che in questo senso la strada imboccata sembra quella giusta.

Ha quindi ammesso che «le relazioni Italia- Libia su questo tema sono strutturate», augurandosi che continuino a svilupparsi «nella trasparenza». Concordando infine con Alfano e Pinotti sulla necessità che l’Ue parli con una voce sola per risolvere il caos libico.