Gli incendi di questi giorni nel Carso (in Friuli, dove è morta una volontaria), in Versilia (Lucca) e, i più recenti, nel Nuorese e a Castel Fusano (Roma) non sono purtroppo fenomeni episodici. Mentre proseguono le operazioni di spegnimento e di bonifica, altri roghi si accendono. E il dossier dell’Italian Institute for Planetary Health fa emergere come nel 2021 l’Italia sia stato il Paese in area Ocse con il maggiore numero di Incendi registrati: 1.422. Dopo la Turchia, il nostro è stato il secondo Paese per superficie bruciata con ben 159.537 ettari. Si tratta numericamente del dato più alto registrato nell’ultimo decennio.

Sono, come accennato, tornate le fiamme anche a Roma. Dopo i roghi, alcuni col sospetto di dolo, delle scorse settimane si è verificato un incendio nella pineta di Castel Fusano, polmone verde della capitale, nei pressi di un camping. Tutto il centro Sardegna, il Campidano e parte della costa orientale dell’isola, è a rischio «alto». Un anno fa nel Montiferru ci fu un mega-incendio, il peggiore degli ultimi 24 anni: secondo la procura di Oristano non ci sono colpevoli, sarebbe stato accidentale. Roghi anche nel ternano e in Alto Adige.

Intanto, ieri, è stato presentato anche il report del Wwf «Spegnere oggi gli incendi di domani. Dalla gestione dell’emergenza a gestione e prevenzione del rischio», che evidenzia un aumento del numero degli incendi nei Paesi euromediterranei del 20-30% ogni 10 anni. «Se la temperatura globale aumentasse di 3 gradi, ben 15 milioni di cittadini europei in più sarebbero esposti almeno 10 giorni l’anno ad alto se non estremo pericolo d’incendio».

Nel 2021 più di 600mila ettari sono andati in fumo in Italia, Spagna, Portogallo, Francia, Grecia e Turchia: una superficie ben superiore alla media dei decenni precedenti, come già era accaduto nel 2017 e nel 2020. In Italia sono stati percorsi dalle fiamme, in base ai dati dell’organizzazione animalista, circa 170mila ettari, il 60% in più della media 1980-2018, la maggior parte dei quali nel sud e nelle isole. Trend confermato nel 2022.
«La superficie percorsa dalle fiamme in Europa nei primi mesi del 2022, infatti, è stata ben 5 volte maggiore rispetto alla media del periodo 2006-2021, differenza che ora si è ridotta a “solo” tre volte maggiore ma che è destinata nuovamente ad aumentare con l’arrivo del picco estivo degli incendi. La differenza con le passate annualità è che nel 2022 la stagione degli incendi è cominciata prima: ondate di calore anticipate (in alcuni Paesi sono stati superati i 40 gradi già a giugno) e una straordinaria siccità invernale hanno reso la vegetazione più secca e quindi maggiormente infiammabile, creando una condizione perfetta per la combustione».

Una serie di fattori contribuisce a rendere il paesaggio più infiammabile, sia fattori climatici e metereologici come ondate di calore e periodi siccitosi più lunghi, che fattori socio-economici come l’espansione delle superfici incolte e di quelle edificate con conseguente aumento dell’interfaccia urbano-foresta. Oltre il 97% degli incendi in Europa è riconducibile all’attività umana, la maggior parte per negligenza, imprudenza, inesperienza. Servono, per il Wwf, prevenzione e pianificazione. Quattro i principi sui quali sviluppare la strategia: prevenzione tramite gestione forestale e agricola del paesaggio al fine di renderlo meno infiammabile, effettuando un monitoraggio che possa individuare le zone a maggior rischio, ma anche tramite un approccio che responsabilizzi le comunità locali; ripristino delle aree colpite dalle fiamme; assicurare i finanziamenti necessari a programmi e misure di prevenzione, ad esempio riallocando parte delle ingenti somme ora destinate alla lotta attiva; migliore sinergia e dialogo fra gli attori coinvolti.