Non c’è pace per l’Agenzia del Farmaco. Dopo una riforma che ha richiesto un anno e una tornata di delicate nomine dirigenziali, arrivano a sorpresa le dimissioni del presidente dell’agenzia Giorgio Palù a meno di due settimane dalla nomina. Le ragioni dell’addio sono nella stessa lettera di incarico in cui era fissato un limite annuale alla seconda presidenza di Palù. Un termine giudicato «offensivo e umiliante» dal virologo veneto che si attendeva un mandato più pieno «avendo concepito e promosso la riforma».

«Recrimino la totale assenza di ascolto da parte del Ministro nelle scelte operate per Aifa». Palù denuncia uno sgarbo istituzionale nei suoi confronti e forse non ha torto. La durata annuale (e non quinquennale come da statuto) dell’incarico è legata ai 75 anni compiuti da Palù, che secondo il governo non consentirebbero mandati più lunghi. La questione però non era stata sollevata in occasione del suo primo mandato, nonostante fosse già pensionato. La legge Madia che vieta incarichi di vertice pluriannuali ai pensionati si applica ai direttori generali e altre figure direttive, non a presidenti e consigli di amministrazione, come chiarisce una circolare del Dipartimento della Funzione Pubblica del 2015. A presiedere l’Istituto superiore di sanità con incarico quadriennale è appena andato il settantunenne Rocco Bellantone, come fa notare lo stesso Palù.

La sensazione è che il virologo, fortemente sponsorizzato da Matteo Salvini, sia rimasto stritolato nelle tensioni di maggioranza. Non è un caso che proprio da Luca Zaia, il cui terzo mandato alla presidenza del Veneto era stato appena affossato da Fdi e Fi, sia arrivato un messaggio dai toni quasi fraterni: «Non posso che condividere la sua amarezza». Assai diversi quelli del sottosegretario alla salute, il meloniano Marcello Gemmato, che sottolinea «un mancato allineamento di vedute sul progetto di profonda revisione dell’Agenzia e sulla necessaria capacità di lavorare in squadra». Andrea Crisanti (Pd) invece festeggia: «Le sue dimissioni sono il più grande regalo che potesse fare all’Italia». Dai tempi del Covid ha il dente avvelenato con Zaia e Palù, che lo aveva bollato come «zanzarologo». Sandra Zampa (Pd) parla di «ennesimo capitolo di una farsa, un puro scontro di potere». Il M5S chiama Schillaci a riferire in aula sull’«Aifa allo sbando».

Le scelte sul futuro dell’agenzia toccano a lui. Per la successione il ministro già pensa a «un mandato temporale e professionale più ampio, in grado di aggiungere a una forte e qualificata rappresentanza di Aifa in seno alle commissioni Europee». Potrebbe essere l’identikit di Guido Rasi, già direttore Aifa e poi a capo dell’Agenzia Europea del Farmaco. Ha già compiuto 70 anni e attualmente guida l’ascoltato think tank Ithaca sponsorizzato da diverse grandi aziende farmaceutiche, non proprio una garanzia di indipendenza. Ma al vertice di Ithaca con lui c’era Francesco Saverio Mennini, che Schillaci ha appena nominato capo-dipartimento della programmazione sanitaria al ministero. Le porte girevoli sono sempre aperte.