La parola magica è «contratto»: quello che i supermercati Coop e le grandi catene aderenti a Federdistribuzione per il momento non vogliono concedere, se non a parole. Ieri è stata la giornata nazionale dello «Shopero», lo stop del commercio e dei grandi marchi della distribuzione, e in tutta Italia i lavoratori che di solito incontriamo alla cassa o tra gli scaffali hanno sfilato in corteo: da Carrefour a Auchan ed Esselunga, da Ikea a Zara e alla Rinascente, fino a Oriocenter, il mall che serve lo scalo di Orio al Serio e che a Natale si prepara a bissare.

I CONTRATTI DELLA distribuzione cooperativa e di Federdistribuzione sono ormai scaduti da quattro anni, e rinnovarli non sarebbe importante solo per il nodo salariale: il problema è riuscire a star dietro ad aziende che richiedono una flessibilità sempre più alta, i turni continui nelle domeniche e nei giorni festivi, con l’impossibilitù – soprattutto per le donne, ma ovviamente non solo per loro – di poter conciliare i tempi di vita e di lavoro.

Un esempio per tutti, Marica Ricutti, la «mamma dell’Ikea», dipendente del colosso svedese a Corsico: licenziata qualche settimana fa perché non riusciva a coprire tutte le aperture, dovendo badare anche ai figli, uno dei quali con problemi di disabilità.

SONO QUATTROCENTOMILA i lavoratori del settore – cinquantamila dei quali impiegati nella distribuzione cooperativa – e ieri in tanti hanno manifestato solidarietà verso i cento dipendenti della Rinascente di Genova, che ha deciso di chiudere.

«Da quattro anni aspettiamo un contratto nazionale, sia per la distribuzione cooperativa che per le aziende aderenti a Federdistribuzione – spiega Maria Grazia Gabrielli, segretaria generale della Filcams Cgil – Le controparti continuano a ostacolare una soluzione negoziale, ponendo sul tavolo proposte inaccettabili».

«FEDERDISTRIBUZIONE – prosegue la segretaria Filcams – ha deciso di non applicare nessun contratto, continuando ad assumere decisioni unilaterali nei confronti dei lavoratori, anche nell’erogazione di trattamenti economici diretti». Vista l’impossibilità di arrivare a firmare un contratto proprio, Filcams, Fisacat e Uiltucs hanno provato a chiedere l’applicazione del rinnovo siglato da Confcommercio nel 2015: tutto inutile, l’associazione che riunisce i grandi marchi ha preferito erogare un aumento deciso unilateralmente.

E ieri Federdistribuzione ha dato le sue cifre relative all’adesione allo sciopero: «Risulta del 4,3%, una percentuale inferiore rispetto allo sciopero del maggio 2016, che aveva registrato un 6,5%», dice una nota. Il presidente dell’associazione, Giovanni Cobolli Gigli, spiega di voler «dialogare», ma ricorda che «lo scorso marzo e di nuovo in giugno Filcams e Uiltucs si sono rifiutate di presentarsi agli incontri che avevamo convocato»: quindi le imprese hanno deciso di «erogare aumenti retributivi unilaterali che hanno ampiamente salvaguardato il potere d’acquisto dei lavoratori».

Evidentemente, però, chi ha protestato ieri non la pensa così. «Continueremo a tenere alta l’attenzione e la tensione – dice Gabrielli della Filcams Cgil – organizzando scioperi improvvisi e iniziative anche nel periodo delle feste. Vogliamo un contratto e per questo proseguiremo nella mobilitazione».

QUANTO ALLA COOP, la segretaria della Filcams spiega che il gruppo «pretende di recuperare competitività cancellando diritti e tutele del contratto nazionale». E Coop, dal canto suo, dice di aver registrato «adesioni ancora più basse di quelle dello sciopero del 2015», ma ribadisce «disponibilità di procedere alla conclusione del percorso contrattuale individuando soluzioni che consentano di garantire i livelli occupazionali e riconoscere adeguati livelli retributivi e una efficace lotta all’assenteismo».