Il 12 gennaio si è spento a Los Angeles, a 94 anni, lo scrittore iraniano Iraj Pezeshkzad, autore del bestseller Mio zio Napoleone disponibile in italiano nella bella traduzione di Anna Vanzan (Francesco Brioschi Editore, 2019). Un romanzo che, meglio di tante analisi, spiega la diffidenza degli iraniani nei confronti dell’Occidente e, in particolare, degli inglesi. Ma, al tempo stesso, anche una dimostrazione di quanto gli iraniani sappiamo essere autoironici.

NATO A TEHERAN nel 1928, Pezeshkzad studiò in patria e successivamente in Francia, dove si laureò in Giurisprudenza. Al tempo dello scià ricoprì la carica di giudice per cinque anni, dopodiché entrò in diplomazia. In seguito alla Rivoluzione del 1979 si trasferì in Francia, si diede al giornalismo e si unì all’ex premier monarchico Shapour Bakhtiar (nel 1991 pugnalato a morte nella sua casa nei sobborghi parigini) e al Movimento nazionale per la resistenza iraniana.

Pezeshkzad iniziò la sua attività letteraria agli inizi degli anni Cinquanta traducendo in persiano Voltaire e Molière, scrivendo racconti per riviste, testi teatrali e articoli sulla Rivoluzione costituzionale del 1905-1911, la Rivoluzione francese e quella russa. Tra i suoi romanzi, Haji Mam-ja’far in Paris, Mashalah Khan in the Court of Haroun al-Rashid, Asemun Rismun, Honar-e Mard beh ze Dolat-e oost. La sua autobiografia si intitola Golgashtha-ye Zendegi (Il piacere della vita). Il suo ultimo libro è Khanevade-ye Nik-Akhtar (La famiglia Nik-Akhtar).

CAPOLAVORO della letteratura persiana del Novecento, Dai Jan Napoleon (Mio zio Napoleone) è tradotto in tante lingue, tra cui l’ebraico per i tipi di Am Oved. Pubblicato nel 1973, si tratta di una satira della società iraniana. È ambientato all’inizio degli anni Quaranta, poco prima dell’invasione anglo-sovietica dell’Iran durante la Seconda guerra mondiale. Protagoniste sono tre famiglie che condividono un giardino e devono sottostare ai capricci del patriarca, soprannominato Zio Napoleone e ossessionato dallo strapotere degli inglesi. Negli anni Settanta il successo di questo romanzo fu tale che diventò una serie televisiva.

IL NOME dello scrittore ha origini antichissime: Iraj si trova nello Shahnameh (Il Libro dei Re), l’epica persiana di Ferdousì. Nel cinquantesimo anno di regno, Feredun sposò i tre figli a tre sorelle, figlie del re dello Yemen. Di ritorno in patria, Feredun assunse le forme di un dragone e – lanciando fiamme – mise alla prova i tre ragazzi. Il primo scappò, dicendo che solo un pazzo avrebbe combattuto. Il secondo accettò la sfida, con coraggio. Il terzo disse a voce alta che erano figli di Feredun e non avevano paura di nulla.

Riprese le sembianze umane, il re scelse i nomi per i figli: il primogenito si chiamò Salm (sicurezza), il secondo Tur (coraggio), il terzo Iraj (nobile). Dopodiché divise il suo regno. A Iraj andarono l’Iran e l’Arabia, il trono in oro, la corona dei capi e il sigillo reale.