È con immensa tristezza che abbiamo appreso della morte di Franco Calamida, uno dei massimi fondatori della nuova sinistra. Una breve malattia ce lo ha portato via inaspettatamente mentre continuava a pensare e lavorare, a sinistra, come aveva fatto per tutta la vita.

In occasione del suo ottantatreesimo compleanno aveva scritto: «Non si è sconfitti fin quando non si accetta di esserlo e fin quando si prova indignazione e ribellione per le sofferenze e le ingiustizie del mondo».

Franco non era sconfitto e lo aveva mostrato di recente nella passione con cui aveva collaborato alla stesura di un libro sulla storia di Avanguardia Operaia. Era felice che rimanesse traccia, memoria, di quella magnifica esperienza collettiva che aveva coinvolto migliaia e migliaia di giovani che volevano cambiare il mondo.

Franco il mondo ha provato a cambiarlo davvero ed è stato un protagonista del ciclo di lotte degli anni ’70. La ha fatto nel 68/69, giovane ingegnere alla Philips, rinunciando alla carriera per dar vita al Comitato Unitario di Base.

Lo ha fatto da dirigente politico della nuova sinistra in cui l’attenzione all’inchiesta e alle questioni operaie era il punto di partenza per l’attenzione a tutti i soggetti della trasformazione, combattendo per tutta la vita il politicismo e l’autonomia della politica.

Lo ha fatto con una attenzione particolare al Mezzogiorno suggellato nel maggio 1978 dallo splendido comizio che tenne a Cinisi ai funerali di Peppino Impastato.

Lo ha fatto da dirigente e militante di rifondazione comunista, da consigliere comunale e da parlamentare, sempre attento all’unità della classe e della sinistra.

Milanese molto legato a Torino, cresciuto politicamente nella scia dei Quaderni Rossi, Franco ha attraversato 60 anni di lotte politiche senza perdere la gentilezza, l’ironia e l’interesse per l’inchiesta e le trasformazioni sociali. Anzi, la militanza politica ha contribuito ad accentuare queste caratteristiche che rendevano Franco così particolare nel panorama dei dirigenti politici.

Di ogni situazione, anche la più pesante, Franco sapeva cogliere l’aspetto ironico che non mancava mai di esternare con quella gentile ironia che tutti gli abbiamo invidiato. Franco non è mai stato un burocrate ma piuttosto un intellettuale che faceva il dirigente politico dalla parte del movimento operaio.

Ciao Franco, la terra di sia lieve e un abbraccio alla tua amata Rita, compagna di una vita.