Soffiano sul fuoco della rabbia sociale. «Non siamo razzisti» è la scontata premessa. Ma la trama è quella della caccia all’untore. Ovviamente straniero e migrante.

Sono tredici giovani bengalesi, risultati positivi ai test per il Covid19, sbarcati a Roccella e smistati dalla prefettura di Cosenza nel Centro accoglienza di Amantea, ad aver provocato la rivolta di una parte della popolazione locale. I migranti, di cui cinque minori, sono asintomatici. Arrivati sul versante grecanico di Calabria insieme a un’altra sessantina di profughi, giunti nella cittadina tirrenica cosentina hanno trovato i blocchi stradali di alcune decine di amanteani che ne chiedevano l’immediato allontanamento. Scortati dalla polizia, sono stati accolti presso il Cas a cui erano stati destinati.

PAURA E IMPOTENZA. Stavolta il razzismo vero e proprio, forse, c’entra poco. Amantea è abituata alla presenza di lavoratori africani, prevalentemente impegnati nella raccolta di cipolle. Da queste parti, l’ultima operazione di polizia contro il caporalato risale a due settimane fa. Nella rivolta contro gli immigrati bengalesi positivi al coronavirus, più che altro, prevale un sostrato xenofobo. E’ la stessa paura ancestrale dell’untore che negli ultimi mesi si è manifestata a latitudini diverse. Purtroppo è avvenuto anche sulla costa tirrenica cosentina: in un paio di centri limitrofi, dichiarati «zone rosse» a causa di alcuni casi «importati» di contagio, la psicosi ha accecato la popolazione sino al punto di scatenare sassaiole contro i propri compaesani sospettati di essere infetti. «Non è questione di colore della pelle – spiega un barista che chiede l’anonimato -. A noi umanamente dispiace pure per questi ragazzi. Ma se venissero dal nord Italia o dalla Germania, avremmo la stessa reazione. Non vogliamo che i turisti scappino. Finalmente s’era vista un po’ di gente nell’ultimo weekend. Adesso, dopo le notizie sui social e nei Tg, la città è di nuovo deserta».

Non tutti gli amanteani sono d’accordo. Qualcuno fa notare che i problemi sarebbero altri: l’emergenza rifiuti, la carenza idrica, il lungomare danneggiato dalle recenti mareggiate, le mancate risposte alle eterne domande sulle navi dei veleni. Però su queste problematiche nessuno insorge. «Inoltre – si sfoga Giovanna, insegnante, mentre sorseggia un caffè freddo sulla veranda di un lido solitario – proprio i blocchi stradali di ieri hanno rilanciato un’immagine negativa di Amantea. E pensare che di fronte al flusso di viaggiatori provenienti dal nord, i controlli disposti dalla Regione sono quantomeno evanescenti. Vabbe’, ma coi turisti vale la pena chiudere entrambi gli occhi e rischiare. Quelli almeno portano soldi».

Intanto, sin dalla giornata di domenica, da un parte della politica sono ripartiti gli strali «contro gli invasori» in difesa di Amantea. Prevedibile anche l’ennesima piroetta salviniana della presidente regionale, Jole Santelli. Già durante il lockdown non vedeva l’ora di riaprire tutto. Adesso minaccia di «chiudere i porti». I suoi ripetuti appelli per l’impiego dell’esercito non sono andati a vuoto. Dalla vicina Cosenza domani si trasferiranno ad Amantea i militari dell’operazione «Strade sicure». Presidieranno il Cas che accoglie i tredici migranti bengalesi. Mezzi blindati, fucili da combattimento e mimetiche: un ottimo brand per una località balneare.

MA LA GOVERNATRICE con questo suo ennesimo colpo di teatro cerca anche di coprire le inefficienze della sua giunta. Con un’assessora al lavoro indagata per corruzione dalla Dda di Reggio Calabria ancora salda al suo posto, e una disarmante mancanza di progettualità politica. Eppure nel caso di Amantea i medici sono stati chiarissimi: non c’è alcun pericolo per la popolazione. E’ stato ribadito infatti che le strutture che ospitano i ragazzi sbarcati a Roccella sono idonee e sicure, come dimostrano due controlli effettuati dall’Asp di Cosenza.

Ma questo non basta a placare gli animi degli esagitati. Dai capannelli di piazza si intuisce che i blocchi della Tirrenica potrebbero a breve riprendere. In un paesone dal 14 febbraio commissariato per ‘ndrangheta, in cui dalle inchieste è emerso che tutti gli appalti pubblici erano manipolati dalle cosche (la mensa, il porto, i parcheggi e la derattizzazione), è davvero il colmo che possano fare così «paura» 13 rifugiati del Bangladesh.