Non c’è pace per il capo del Governo di Accordo nazionale libico (Gna) Fayez al-Sarraj. Nonostante i progressi con le autorità rivali dell’est, ad agitare il premier è ora il rischio di una crisi del pane. Sabato le prime avvisaglie quando la maggior parte dei panifici della capitale Tripoli è rimasta chiusa per mancanza di farina e per il caro-prezzi degli ingredienti usati per fare il pane.

«L’Autorità della Guardia municipale ha iniziato a controllare le panetterie che vendono tre pagnotte per un dinaro perché le raccomandazioni del ministero dell’Economia sono di vendere una pagnotta per 20 centesimi di dinaro», ha raccontato alla rete 218 Tv Ali Abu Azza, capo del comitato di controllo delle panetterie.

Una raccomandazione inaccettabile però per i panettieri che, secondo Abu Azza, non possono ottenere prodotti a prezzi «conformi alle prescrizioni ministeriali».

In effetti, la decisione ministeriale sembra basarsi sui dati di mercato dell’anno passato: ora il prezzo per un sacco da 50 chili di farina è balzato a 210 dinari. Senza poi considerare che nelle 680 panetterie di Tripoli la farina è in esaurimento. A questi costi, spiegano i panettieri, non resta che aumentare il prezzo di vendita.

La crisi del pane ha causato un nuovo scontro tra Sarraj e il governatore della Banca centrale al-Sadiq al-Kabir. La tensione tra i due – già evidente negli scorsi mesi per le divisioni delle entrate della vendita del petrolio – è aumentata domenica quando il premier ha inviato ad al-Kabir una lettera in cui ha sottolineato come l’esaurimento delle scorte di farina potrebbe «far entrare il Paese in una crisi alimentare», osservando che l’ultimo credito per l’importazione di farina risale all’agosto 2020 mentre enormi somme di denaro sono state investite per importare beni non necessari.

Accusato, al-Kabir si è difeso: la mancanza di farina è dovuta al contrabbando – la sua replica – e andrebbero pertanto monitorati meglio i confini e i porti. In una parola: è necessaria più sicurezza. Tema sentito da molti libici a cui ieri il premier ha risposto annunciando la creazione di un nuovo apparato securitario.

Una decisione che va letta anche come l’ennesimo attacco al potente ministro degli Interni Bashagha con cui il rapporto è pessimo: l’organismo sarà infatti affidato ad al-Kikli, il capo delle milizie Abu Salim di Tripoli, concorrenti di quelle della città-stato di Misurata che fanno capo a Bashagha.

Le tensioni interne in Tripolitania non devono però oscurare i progressi del Foro del Dialogo politico i cui 75 membri si sono espressi ieri sul meccanismo di selezione del governo che dovrà traghettare il Paese alle elezioni fissate per il 24 dicembre 2021.

Un meccanismo complesso studiato per evitare i precedenti stalli politici e che è stato concordato sabato dai 18 membri del Comitato consultivo composto da sei esponenti per ciascuna delle tre regioni della Libia (Tripolitania a ovest, Fezzan a sud-ovest, Cirenaica a est). I risultati della votazione sono attesi per oggi.