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A lezione di racconti formidabili

A lezione di racconti formidabiliSaverio Tutino e Mario Dondero – Foto di Mario Boccia

La sua scuola L'università di fotogiornalismo con lui la facevi semplicemente ascoltandolo e guardando le sue foto sparse sui tavli delle redazioni

Pubblicato quasi 9 anni faEdizione del 15 dicembre 2015

Siamo tanti e diversi a ricordare Mario Dondero, tra pianto e sorriso. Mario era abile nel meticoloso lavoro di mettere in contatto le persone che gli piacevano, anche se solo per un paio di dettagli. Per lui la fotografia è stata passione, stile di vita, cultura, conoscere persone e raccontarne le storie. Così il suo lavoro, il modo di farlo e l’impegno per migliorare il mondo si sono sovrapposti diventando indistinguibili. Lo incontrai in via Tomacelli, la sede storica de il manifesto, nei primi anni ’90.

Essere nella stanza dei grafici mentre lui apriva la borsa e tirava fuori le foto è stata l’università di fotogiornalismo che ho frequentato, insieme ad altri fortunati. Mario mostrava foto in ordine sparso e noi ascoltavamo i suoi formidabili (un «suo» aggettivo) racconti.
Nel corso degli anni, ci incontrammo spesso, senza programmarlo. Partecipammo ad iniziative insieme, proiettando foto e parlando a Roma, l’Aquila, Pieve S.Stefano. E poi, ancora insieme a parlare di fotografia alla radio con Emanuele Giordana e Romano Martinis, o con Guido Barbieri, altro suo grande amico. In una di queste trasmissioni parlò della necessità di schierarsi e dichiarare il proprio punto di vista, contro ogni ipocrisia. Non credo che avremmo potuto conoscerci in un luogo più adatto della sede de il manifesto.

L’ultima volta che lo vidi in piedi, prima del ricovero, fu dopo l’inaugurazione della sua mostra a Roma. Salutandomi, mi chiese se volevo andare con lui alla proiezione del film Comunisti, girato nel 1966 con la sua collaborazione artistica intorno a Reggio Emilia (il regista era Anders Ehnmark). Non facemmo in tempo. Comunisti è un bellissimo documentario in bianco e nero, dove Mario intervista i compagni emiliani, i contadini, le operaie, il vecchio Alcide Cervi. Il film si apre con il canto delle mondine Bella Ciao, che poi vira nella versione partigiana, e si chiude con l’inno della Brigata Garibaldi. A chi lo ricorda scrivendo di quanto fosse una persona colta gentile e sensibile «malgrado il suo forte impegno sociale…», vorrei dire che Mario era così per quell’impegno, non nonostante quello. Mario Dondero se n’è andato «con la giovinezza in cor».

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