Supporto militare all’Ucraina e sblocco degli aiuti umanitario a Gaza. Questi i principali temi, tra l’altro ormai ricorrenti, all’ordine del giorno del Consiglio dei ministri degli Esteri dei 27. La riunione, già da tempo calendarizzata, è coincisa con il giorno successivo alle elezioni russe. Ma soprattutto, è caduta nella settimana in cui si riuniranno a Bruxelles, giovedì e venerdì, i capi di governo per un vertice europeo che si preannuncia il primo vero Consiglio europeo di guerra in supporto di Kiev, dopo le ripetute dichiarazioni del presidente francese Macron sulla possibilità di intervento diretto sul suolo ucraino e la prudenza della componente socialdemocratica tedesca al governo, contraria all’escalation.

Josep Borrell
Se prima della guerra la Striscia Gaza era la più grande prigione a cielo aperto, oggi è il più grande cimitero a cielo aperto del mondo

DECISIONE PRINCIPALE finalizzata dal Consiglio, quella sul Fondo di assistenza per l’Ucraina (Uaf) a cui mancava solo il via libera formale. Si tratta di 5 miliardi di euro inseriti all’interno dello European Peace Facility (alla lettera Strumento europeo per la pace), che rappresentano un finanziamento aggiuntivo rispetto ai 12 miliardi messi in campo dall’Ue a partire dal 2021. Lo stanziamento servirà all’acquisto da parte dei paesi europei di armamenti e munizioni, prodotte sia in Ue che fuori: un successo per Kiev, il cui ministro degli Esteri Dmytro Kuleba è intervenuto in apertura del vertice di Bruxelles collegato in videoconferenza (così come il segretario di stato Usa Antony Blinken).

Il varo del’Uaf non è stato privo di distinguo, soprattutto da parte della Germania, che ha ottenuto la possibilità di scorporare dall’ammontare dei fondi aggiuntivi dovuti la parte già corposa di aiuti bilaterali a Kiev, aprendo così un punto interrogativo sulla reale consistenza dei fondi stanziati. Ma se il cancelliere Olaf Scholz frena e la coalizione di governo si divide sull’invio a Kiev dei missili a lungo raggio Taurus per paura del coinvolgimento diretto della Germania nel conflitto, netta è la posizione all’indomani della rielezione di Putin al Cremlino.

PRIMA NELL’UE, BERLINO ha fatto sapere che non riconoscerà il risultato del voto in Russia e quindi non si congratulerà con il vincitore. Da parte sua il Partito popolare (Ppe) – maggior gruppo politico all’Eurocamera per importanza e a cui fa capo la presidente della Commissione Ue Von der Leyen – ha invitato i ministri degli Esteri dei 27 a «dichiarare ufficialmente che Putin non è presidente legittimo della Russia» e che «le cosiddette elezioni presidenziali non sono valide».

Venendo al fronte mediorientale, la giornata a Bruxelles si era aperta con le dichiarazioni su Gaza dell’Alto rappresentante per la politica estera Ue Josep Borrell, che parlando in occasione dello European Humanitarian Forum aveva affermato: «Israele sta provocando una carestia, la fame viene usata come arma di guerra». Il capo della diplomazia europea ha ricordato il blocco dei camion di aiuti umanitari in attesa di entrare a Gaza, con il pressante invito, rivolto al governo di Tel Aviv, di farli passare. «Abbiamo sentito che ci sono diversi mesi di scorte alimentari da parte egiziana, e ancora più che in molti altri conflitti, ma i bambini soffrono di più a Gaza perché non hanno nessun posto dove andare o dove nascondersi». Un commento che ha la provocato l’ira del ministro degli Esteri israeliano Israel Katz, che ha chiesto a Borrell di «smettere di attaccarci e riconoscere il nostro diritto all’autodifesa contro i crimini di Hamas».

PRENDE LE DISTANZE il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che definisce quella dell’Alto rappresentante come «posizione legittima, ma personale e non concordata con nessuno». A margine del summit di Bruxelles, il leader forzista ha tenuto inoltre a sottolineare come Roma non condivide la richiesta di rivedere l’accordo di associazione Ue-Israele avanzata da Spagna e Irlanda e al momento ferma sul tavolo dei ministri dei 27.

Eppure Borrell, che sulla situazione in Medio Oriente ha preso posizioni sempre più nette e autonome rispetto a Von der Leyen, ha rincarato la dose affermando: «Se prima della guerra Gaza era la più grande prigione a cielo aperto, oggi è il più grande cimitero a cielo aperto del mondo». Poi ha osservato: «Questa carestia non è un disastro naturale, o un evento casuale. Al contrario, è interamente creata dall’uomo».