Il braccio di ferro tra Ue e Ungheria continua, e adesso a pagarne il costo è anche l’Ucraina.

Ieri, al consiglio dei ministri delle Finanze, Budapest ha bloccato l’ok a un finanziamento di 18 miliardi della Ue a favore di Kiev. La Ue «provvederà a trovare una soluzione entro gennaio» ha detto il commissario al Bilancio, Johannes Hahn. Potrebbe esserci un nuovo consiglio delle Finanze a dicembre (forse il 12) e, se non produrrà risultati, il problema sarà portato al tavolo del Consiglio europeo dei capi di stati e di governo del 15.

Un’altra strada per aggirare il veto ungherese è di far passare il finanziamento attraverso programmi nazionali degli altri 26 paesi. Ma alcuni paesi devono far approvare la procedura dai rispettivi parlamenti, è una soluzione che prende tempo.
«Non siamo in grado di adottare il pacchetto – ha ammesso ieri il ministro delle Finanze ceco, Zbynek Stanjura – ma non ci scoraggiamo». La presidente ceca del Consiglio si è impegnata a trovare una soluzione.

Il braccio di ferro tra Ungheria e Bruxelles riguarda sempre il rispetto dello stato di diritto, la corruzione, l’indipendenza della giustizia, la libertà dei media. La Commissione ha bloccato il versamento del Recovery a Budapest, 5,8 miliardi di sovvenzioni. Ma Bruxelles ha fatto un gesto distensivo: ha proposto di approvare il piano di rilancio ungherese per evitare che, nel caso non passi entro fine anno, l’Ungheria perderebbe il 70% del montante.

Germania e Francia hanno deciso di adottare una posizione meno drastica, per evitare uno scontro frontale con Orban. La Commissione ha però congelato 7,5 miliardi che spettano all’Ungheria come fondi di coesione. Questa decisione è la conseguenza di un altro veto di Budapest, che blocca l’entrata in vigore della tassa europea sugli utili delle multinazionali al 15%. Per Viktor Orban il congelamento dei fondi Ue è un serio problema: l’inflazione è altissima, i soldi di Bruxelles sono più che mai indispensabili.