Nel futuro «campo progressista e civico alternativo alla destra», ancora tutto teorico, c’è il movimento grillino. Per essere una svolta, quella di Nicola Zingaretti è condotta con molte cautele, forse – ma è lecito dubitarne – secondo la massima maoista «il passo della rivoluzione è quello del più lento». Ma ieri alla direzione il segretario Pd ha disegnato il nuovo partito e il nuovo sistema di alleanze.

PER LA PRIMA VOLTA dice apertamente davanti alla direzione del Pd, dopo averlo anticipato in tv e dopo aver lasciato camminare fra i suoi la proposta, che il destino dei democratici sono i grillini. L’idea arriva dalla sinistra interna del suo vice Orlando e di Goffredo Bettini.

NON SARÀ FACILE METTERLA in pratica: prima del vaglio degli elettori dovrà convincere i non zingarettiani, che pure sono scattati come un sol uomo per l’alleanza «straordinaria» con i grillini per non tornare al voto. E soprattutto dovrà far ragionare il «capo» M5S Di Maio, il più scettico e resistente, nonostante il nulla osta di Grillo.

IL SEGRETARIO SA che le perplessità nel suo partito serpeggiano nella corrente Base Riformista, gli ex renziani rimasti nel Pd. A loro offre molto più che un ingresso in segreteria: gli assetti usciti dall’ultimo congresso sono superati, spiega, «dobbiamo aprire una nuova stagione con nuovi gruppi dirigenti e una nuova segreteria che mi auguro unitaria». Niente più maggioranza e minoranze, azzarda.

IN REALTÀ UNA MINORANZA si annuncia, e anche irriducibile, quella dei Giovani turchi di Matteo Orfini. Zingaretti anticipa gli argomenti: «Nessuno venga a spiegare a me le differenze fra Pd e M5s, le consideravo tanto rilevanti da avere avuto perplessità sulla nascita di questa esperienza di governo», ricorda. Ma la strada è obbligata se il Pd vuole avere una proposta di governo per il prossimo giro politico e, prima, per le amministrazioni che vanno al voto (la prima è la regione Umbria, il 27 ottobre, e sarà un test determinante). «Insieme queste due forze rappresentano il 40 per cento dell’elettorato italiano. Occorre verificare se nell’azione dei prossimi mesi riusciamo a superare diffidenze e conflitti. Pd e M5S non possono stare insieme solo per fermare Salvini».

A GUARDARE LA DISCUSSIONE che nel frattempo si svolge a Palazzo Chigi sulla legge di bilancio, c’è poco da essere ottimisti. E invece il segretario del Pd non è scontento: i margini sono «risicati» ma «il governo ha iniziato bene», in manovra sono entrati tre «pilastri» del Pd, «la riduzione delle tasse per i lavoratori, la svolta verde, l’istruzione gratuita per i redditi più bassi». In che misura sarà da verificare, ma si vedrà più avanti.

COME PIÙ AVANTI SARÀ da verificare anche la sintonia sulla prossima legge elettorale. L’accordo varato nel giorno del sì al taglio dei parlamentari (sul quale c’è poco da recriminare, era «precondizione» per far nascere il governo, chiarisce), prevede che il testo sia presentato alle camere entro dicembre. Zingaretti è contro «il proporzionale puro» e a favore di un sistema maggioritario, l’unico che garantirebbe la nascita di un polo progressista – con i 5 stelle – prima del voto. Il promesso alleato però è contrario. E così Renzi e Leu.

ANCHE SUL FRONTE DEL PARTITO Zingaretti prepara una rivoluzione, ma senza spingere troppo sull’acceleratore. È Maurizio Martina a spiegare la proposta di cambio di statuto. In soffitta la coincidenza fra segretario e candidato premier, che è come dire – senza dirlo apertamente però – in soffitta il partito della vocazione maggioritaria di Veltroni. Restano le primarie aperte per eleggere il segretario nazionale ma nel congresso riformato la prima fase sarà di confronto «su documenti politici e contributi tematici». L’accento sul dibattito per piattaforme politiche c’è, ma sembra una sfumatura per amanti del genere.

UNA NOVITÀ VERA C’È, ed è l’introduzione della «possibilità del congresso straordinario per tesi su proposta del segretario». Se approvata dall’assemblea nazionale, potrebbe essere proprio questo lo strumento con cui Zingaretti chiederà di rifondare la linea del partito, visto che quella uscita dalle ultime primarie è stata ribaltata in un governo con i 5 stelle.

PIATTAFORMA ONLINE per dialogare con gli elettori, parità di genere e alternanza uomo-donna in tutti gli organismi esecutivi del Pd. Nasce anche l’assemblea nazionale dei sindaci, che si dovrebbe riunire il 27 ottobre. Oggi pomeriggio al Nazareno sarà presentata la tre giorni di novembre a Bologna, dal 15 al 17, dove si lancerà il «nuovo Pd». Circola, non confermata, l’ipotesi di riunire l’assemblea nazionale in quei giorni.

SUGGESTIVA COINCIDENZA: nella stessa città e nella stessa settimana – il 12 – si celebra il trentennale della Bolognina. Ma, è il diktat del Nazareno, le due «svolte» devono restare ben distinte: quella dal rosso antico dell’‘89 da quella del «giallo-rosso» del ’19. Per evitare le accuse di nostalgia. Comunque inevitabili per i malintenzionati.