Tra le proteste e gli slogan minacciosi scanditi da dozzine di militanti del Likud, il premier incaricato Yair Lapid (Yesh Atid) e i leader dei partiti che formano il «Gush Shinui», il «Blocco del Cambiamento», si sono riuniti ieri sera a Kfar Maccabiah e dopo aver superato gli ultimi ostacoli hanno firmato l’accordo di coalizione che darà vita al nuovo governo israeliano. Un esecutivo ampio – con i partiti Yesh Atid, Blu Bianco, Yisrael Beytenu, Yamina, Nuova Speranza, Labor, Meretz e l’islamista Raam – di cui non faranno parte, per la prima volta in 12 anni, il primo ministro uscente Benyamin Netanyahu e il suo partito, il Likud. E poco prima della mezzanotte, Lapid ha comunicato al capo dello stato Rivlin di avere una maggioranza alla Knesset di almeno 61 seggi. Il leader di Yesh Atid sarebbe intenzionato a far giurare il governo la prossima settimana.

Differenze ideologiche e interessi personali e di partito hanno minato per tutto il giorno il successo del tentativo di Lapid. Per aggirare gli ostacoli è stata studiata una complessa rotazione delle cariche ministeriali e non solo quelle dopo i primi due anni di governo. Il capo di Yamina, l’ultranazionalista Naftali Bennett cederà la poltrona di premier al ministro degli esteri Lapid e subentrerà al ministero degli interni al numero due del suo partito Ayelet Shaked. Quest’ultima sostituirà al ministero della giustizia il capo di Nuova Speranza, Gideon Sa’ar, che diventerà ministro degli esteri al posto di Lapid. La stessa soluzione è stata trovata nella Commissione per le cariche giudiziarie. La leader laburista Merav Michaeli sarà la prima a farne parte per due anni e poi cederà il posto ad Ayelet Shaked.

Complessa è stata anche la trattativa legata all’ingresso in maggioranza degli islamisti di Raam, un momento storico per la politica israeliana. Le sue richieste erano state definite inaccettabili da Yamina, partito noto per la sua opposizione alle aspirazioni dei palestinesi in Israele e nei Territori occupati. Raam ha insistito sull’abrogazione della legge Kaminitz che prevede la demolizione rapida di case presunte illegali nei centri abitati arabi in Israele. Il suo leader, Mansour Abbas, ha anche chiesto certezze sul riconoscimento da parte dello Stato di alcuni villaggi beduini nel Neghev e la carica di viceministro dell’interno. Punti sui quali sarebbero stati raggiunti compromessi.