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Il valico di Rafah è sigillato: zero aiuti. E l’acqua è esaurita

Una famiglia palestinese bloccata al valico di Rafah tra Gaza ed Egitto foto Ap/Mohammed TalatenUna famiglia palestinese bloccata al valico di Rafah tra Gaza ed Egitto – foto Ap/Mohammed Talaten

Guerra Israele non autorizza l’attesa apertura del confine con l’Egitto. A Gaza rubinetti a secco. Oms: «La catastrofe è imminente». Oltre 2.800 uccisi, due terzi sono donne e bambini. Mille ancora sotto le macerie

Pubblicato 12 mesi faEdizione del 17 ottobre 2023
Michele GiorgioGERUSALEMME

Aggiornamento ore 8.00:
Joe Biden visiterà Israele mercoledì. Lo ha comunicato nella notte il segretario di Stato americano Antony Blinken al termine dell’incontro a Gerusalemme con il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Il presidente americano farà sosta anche in Giordania dove incontrerà re Abdallah e il presidente dell’autorità palestinese Abu Mazen. Il New York Times afferma che la visita di domani ritarderà l’operazione di terra pianificata da Israele nella Striscia di Gaza di almeno 24 ore.

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«Ciao Ivan, sono Mohammed Younis. La polvere non si è ancora posata e ti scrivo con dolore e tristezza. Sono stato appena informato che il nostro caro amico e fratello Abraham Saidan è morto in un attacco alla sua casa. Non conosco molti dettagli, mi è stato detto da un amico comune». Abraham, 22 anni, non c’è più. Non sarà più l’attore che sognava di diventare. Non toccherà più le sponde lontane che forse aveva immaginato interpretando Odisseo il 7 dicembre scorso al teatro Yam Al Masra di Gaza city. Una bomba, una delle migliaia sganciate dall’aviazione israeliana su Gaza dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobrem(1400 israeliani morti), lo ha ucciso aggiungendo il suo nome agli altri 2.808 palestinesi morti in dieci giorni. Abraham, l’anno scorso assieme a dieci giovani attori e attrici di Milano e palestinesi, per mesi aveva lavorato da remoto per preparare una rivisitazione dell’Odissea, metafora del Diritto al Ritorno, di ogni ritorno nella propria terra. Un lavoro frutto anche di ricerche e di interviste alla nuova generazione palestinese del campo profughi di Jabaliya. Tra qualche giorno Abraham sarebbe partito per l’Italia, per ricambiare la visita dei giovani italiani a Gaza alla fine dell’anno scorso. I suoi amici in Italia non lo vedranno mai più sul palcoscenico.

Abraham Saidan “Odisseo”

Lavora per la cooperazione svizzera Jaser Hmaid ma è ben conosciuto dagli operatori umanitari di tanti paesi che seguono progetti a Gaza. I suoi toni pacati, il suo stile sobrio e l’indipendenza di giudizio lo rendono una fonteautorevole. L’altro giorno era uscito di casa a Khan Yunis per recuperare acqua e cibo, la preoccupazione di quasi tutti a Gaza stretta nella morsa dell’esercito israeliano. Mentre tornava a casa, Jaser ha visto un’esplosione avvolgere e disintegrare la sua abitazione. Non è chiaro chi fosse a casa in quel momento. È morta Heba, sua moglie, Abdulrahmane, suo figlio di 9 anni, e Hamaid, un ragazzo di 15 anni che era a casa sua. Gli altri due figli di Jaser sono rimasti feriti. La cognata è grave in ospedale. I genitori stanno bene.

Said Majdalawi di Jabaliya, nel nord di Gaza, è arrivato ieri al Cairo da Bruxelles. Dopo giorni di attesa è riuscito a trovare un volo per il Medio oriente. «Sto impazzendo – ci dice – ero uscito da Gaza prima del 7 ottobre (il giorno dell’attacco di Hamas al sud di Israele, ndr) per accompagnare in Belgio una parente anziana e malata ed è accaduto l’inferno. Mia moglie e i miei figli ora sono sotto le bombe, non vogliono sfollare dal nord di Gaza e io sono qui, lontano da loro e non so quando potrò rientrare».

Tre storie di vita e morte e di angoscia profonda con un comune denominatore: i civili vittime degli attacchi aerei e che presto dovranno fare i conti con l’offensiva israeliana di terra sempre più vicina. I numeri forniti dalle organizzazioni umanitarie palestinesi raccontano il calvario dei civili di Gaza. Oltre ai 2808 uccisi dai raid (1.030 sono minori), ci sono 10.850 feriti, di cui il 64% sono donne e bambini. 57 famiglie non esistono più e altre 223 hanno perso almeno cinque membri. La Protezione civile avverte che almeno 1.000 corpi rimangono sotto le macerie delle loro case per il momento irrecuperabili. 3.731 edifici, ossia 10.500 alloggi, sono stati distrutti. Altri 10.000 danneggiati. A cui si aggiunge la distruzione di un numero imprecisato di edifici governativi, posti di polizia, uffici, studi legali, cliniche private, negozi commerciali e fabbriche. 18 scuole sono inagibili altre 150 hanno subito danni di vario grado. 22 ospedali e centri sanitari sono stati danneggiati da esplosioni avvenute a poche decine di metri di distanza.

Israele domenica – dopo le pressioni Usa – ha fatto sapere che avrebbe ripristinato l’ approvvigionamento idrico almeno al sud di Gaza. Un rappresentante di Ocha (Onu) ci riferiva ieri che fino al pomeriggio di ieri «era stata ripristinata solo una delle tre principali condutture dell’acqua». Secondo fonti a Gaza, sarebbe disponibile solo il 20% dell’acqua che prima del 7 ottobre era fornita da Israele. Da molti rubinetti non esce nulla, anche perché la rete idrica è a pezzi in molte aree. Al Jazeera ieri spiegava che l’acqua è contenuta in serbatoi posizionati al confine con Israele, nell’area nord di Gaza, quella che l’esercito ha ordinato di evacuare. Le pompe idriche richiedono elettricità ma anche questa è stata tagliata da Israele. Perciò presto non potranno dissetarsi un milione e mezzo di palestinesi ora ammassati nel sud dopo lo sfollamento intimato giovedì scorso da Israele dal nord della Striscia. «Beviamo l’acqua filtrata che portano in giro le autobotti delle aziende private, non sappiamo quanto sia potabile ma non abbiamo scelta», diceva ieri Mahmud Abu Samadana, un manovale sfollato. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha fatto sapere che le scorte di carburante e acqua a Gaza bastano per 24 ore, dopodiché si verificherà una «immane catastrofe». L’Unrwa (Onu), l’agenzia che assiste i profughi palestinesi, ha smentito che un suo magazzino sia stato saccheggiato da uomini del ministero della sanità legato ad Hamas come riferito da media locali.

L’emergenza umanitaria si aggrava. Israele però non rinuncia all’inflessibilità. E ha smentito le notizie secondo cui avrebbe accettato di cessare i raid aerei nel sud della Gaza per consentire l’apertura del valico di Rafah. Questo mentre gli Stati uniti e i mediatori internazionali sembravano vicini a raggiungere un accordo per l’apertura del confine con l’Egitto in modo da consentire l’ingresso di aiuti nella Striscia e l’uscita degli stranieri. Diversi ministri del Likud, il partito di maggioranza, si sono opposti alla tregua temporanea. Quello dell’Energia Israel Katz ha detto di «opporsi all’apertura del blocco e all’introduzione di merci a Gaza per motivi umanitario. Il nostro impegno è rivolto alle famiglie degli ostaggi assassinati e rapiti, non agli assassini di Hamas e a coloro che li hanno aiutati», ha affermato. Una posizione che al momento rende inutile il corridoio aereo umanitario verso Gaza attraverso l’Egitto che sta per aprire l’Unione europea.

Si terrà solo a fine settimana, il 21 ottobre al Cairo, il vertice internazionale sulla crisi proposto dal presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi. Vi prenderanno parte l’emiro del Qatar Tamim bin Hamad al Thani e l’emiro del Kuwait  Nawaf al Ahmad al Jaber al Sabah. È stato invitato anche il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel e non è esclusa la partecipazione dello stesso presidente degli Stati Uniti Joe Biden dopo una sua possibile visita in Israele. Washington ha inviato funzionari a Ismailia, in Egitto, per seguire la crisi di Gaza dal luogo più vicino possibile alla Striscia.

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