«La separazione per me non è stata una liberazione ma un aumento di tensione, perché mentre il pazzo in casa in qualche modo lo gestivo, fuori casa è diventato una scheggia impazzita. Ogni giorno che mi alzo mi chiedo cosa succederà oggi. Sono sempre sotto botta, mi sembra che la vita mi abbia puntato. E ora col Coronavirus le cose si sono aggravate: io e i miei 2 figli stiamo uno sui piedi degli altri, la didattica, che è il mio lavoro, non funziona a distanza, devo fare i compiti per i ragazzi che sono peggiorati, uno spacca la casa… e io non sono la dea Kalì». Una donna vittima di violenza è in colloquio con un’operatrice del centro antiviolenza dell’organizzazione di volontariato GiuridicaMente Libera del Pigneto a Roma. Siamo nella fase 2 del lockdown e con le dovute precauzioni stanno ricominciando gli incontri. Chiedo a Giulia Masi, avvocata, presidente dell’associazione e operatrice, una storia per avere un’idea di come stanno aiutando le donne durante la pandemia. «Comunicando solo attraverso WhatsApp siamo riuscite a organizzare la fuoriuscita da casa di una donna che il marito aveva provato ad affogare e l’abbiamo messa in protezione. Le abbiamo scritto su messaggi tutto quello che doveva portarsi via e nell’arco di mezza giornata l’abbiamo sostenuta nel lasciare la casa, è stato più semplice perché non ha figli. Con la scusa di andare a fare la spesa è uscita e non è più tornata. Abbiamo finalmente potuto vederla in volto con una videochiamata. L’abbiamo messa in protezione in un residence convenzionato poiché le case rifugio, che hanno già pochissimi posti disponibili, non sono sufficienti per accogliere nuove donne durante l’epidemia».

Le operatrici del centro emanano energia femminista attiva. Anche se formate, ci tengono a non professionalizzare il tema della violenza di genere, che non è solo un problema legale o psicologico ma soprattutto culturale, e va affrontato innanzitutto attraverso una relazione fra donne alla pari. A tutelare la donna, non assisterla. Considerano la violenza di genere una questione culturale, non una psicopatologia sociale. GiuridicaMente Libera è una delle 130 realtà tra associazioni, gruppi di auto mutuo aiuto, centri antiviolenza, sportelli, case rifugio, professioniste, eccetera della rete nazionale Reama per l’empowerment e l’auto mutuo aiuto della Fondazione Pangea Onlus. Reama ha uno sportello online che mette le donne in contatto con l’aiuto più vicino.

Simona Lanzoni è coordinatrice di Reama, vicepresidente di Pangea e del GREVIO del Consiglio d’Europa, il gruppo di esperte in azione contro la violenza di genere e la violenza domestica. Ha denunciato l’iniziale crollo delle richieste d’aiuto ai centri nonostante l’aumento della violenza e l’inaccessibilità delle case rifugio. Le domando se le denunce hanno avuto effetto, com’è la situazione ora e cosa propone per il post-emergenza: «Il Ministero dell’Interno e il Dipartimento delle pari opportunità hanno messo a disposizione nuove case rifugio, anche se non sappiamo quante siano e se saranno permanenti; le procure, la polizia e la magistratura hanno accelerato le procedure e sono stati emessi più ordini di protezione per le donne soprattutto in ambito penale; il Dipartimento per le pari opportunità ha lanciato una grande campagna informativa per cui le donne sono tornate a chiedere aiuto, anche se avrebbero dovuto tradurla almeno in inglese, francese e arabo perché nei servizi bisogna considerare tutte le donne, anche le straniere. Insomma una risposta da parte delle istituzioni c’è stata, anche se parziale. Il vero problema è stato quello della tempestività, cruciale durante le emergenze. È pure vero che è stata la prima grande emergenza che ha coinvolto 60 milioni di persone: diciamo che è stata una prova collettiva, una bella lezione per tutta l’Italia. Ora si deve lavorare per consolidare e portare avanti le buone pratiche attuate in questo periodo. Secondo me è pure fondamentale considerare la violenza subita dai minori. Uno dei grossi nodi del periodo è che i figli sono rimasti chiusi in casa con le mamme e se c’è stata violenza, l’hanno subita anche loro, almeno psicologicamente, se non anche fisicamente. È allarmante che ancora le istituzioni non si rendano conto di quanto la violenza assistita incida sul rigenerare la violenza per la coazione a ripetere, o come vittime o come carnefici». Conclude le sue riflessioni sul Coronavirus: «Credo che dopo l’emergenza bisognerà ripartire prendendo in considerazione le raccomandazioni del GREVIO, cioè: prevenzione, protezione e perseguimento dei colpevoli, il tutto con l’idea delle politiche integrate».

Infine, le chiedo se pensa come me che quella che quella scatenata contro Silvia Romano sia violenza misogina. «Io la vedo come violenza su Silvia solo perché donna. Quando si parla degli uomini non si sente dire mai niente. Forse perché sono le donne che dovrebbero fare i discorsi violenti nei loro confronti? Forse questo dimostra che le donne non sono così violente?»