All’inizio della settimana, mentre in Venezuela riprendevano le manifestazioni violente dell’opposizione, il presidente Nicolás Maduro è volato all’Avana per ricevere il sostegno dei paesi membri dell’Alba( Alleanza bolivariana). Cuba si è prodigata per garantire l’unità del fronte progressita e condannare «il golpe blando» che l’opposizione venezuelana ha iniziato con l’appoggio (e il finanziamento) degli Stati uniti.

VI SONO POCHI dubbi che gli Usa ritengano il Venezuela il vero confine con l’America latina, il subcontinente che vogliono riconquistare. Le dichiarazioni del segretario di Stato, Rex Tillerson sulla volontà della casa Bianca di farla finita con Maduro e il suo governo e la decisione di Donald Trump di mostrare i muscoli, prima in Siria poi in Afghanistan, hanno indotto il vertice politico cubano a temere che la crisi venezuelana sia destinata a peggiorare. Con conseguenze pesanti per l’isola. Il Venezuela è infatti il primo partner commerciale. In seguito agli accordi stipulati tra l’allora presidente Hugo Chavez e Fidel Castro, ha inviato a Cuba circa 100.000 barili di greggio in compensazione dei servizi medici e paramedici forniti dall’Avana. Ma dall’ano scorso, in conseguenza sia del crollo del prezzo del greggio, sia dell’aggravarsi della crisi politico-istituzionale, il Venezue ha ridotto del 40% le sue forniture.

CUBA produce circa la metà del petrolio che consuma. Ma si tratta di un greggio di bassa qualità, usato soprattutto per generare energia elettrica. Per produrre la benzina che necessita, usa il petrolio «leggero» che le invia il governo venezuelano. L’acutizzarsi della crisi nel paese alleato e il lungo, ma minaccioso, silenzio del presidente Trump sul futuro delle relazioni tra Casa bianca e Cuba hanno indotto il governo cubano a misure di risparmio energetico.

COSÌ, dal primo aprile la vendita della benzina «speciale», una sorta di super, è stata drasticamente ridotta, riservata praticamente solo alle auto affittate dai turisti e obbligate per contratto a usare la super, che viene pagata in pesos convertibili (Cuc). Secondo un documento diffuso dalle agenzie stampa estere, la vendita di benzina speciale sarà possibile fino alla fine delle scorte. Poi anche le auto in affitto dovranno usare la benzina regular (che ha un basso numero di ottani). I più colpiti sono i mezzi statali (compresi alti funzionari) autorizzati all’uso della super, che viene pagata mediante una speciale carta di credito emessa da un’impresa statale, la Cimex. La carta è stata «temporaneamente sospesa». E non si sa fino a quando durerà questa misura.

I MEZZI STATALI devono però continuare a circolare. Dunque, da una decina di giorni le code si allungano ai distributori di benzina, non solo quelle che continuano a fornire la super, ma anche alle pompe di regular o di motor, quest’ultima ancora più bassa in ottani. Tra l’altro tra i più colpiti sono i diplomatici le cui auto di rappresentanza richiedono l’uso di super, pena rovinare il motore. Così, quasi tutte le ambasciate hanno adottato misure di risparmio di carburante o si stanno attrezzando acquistando all’estero sistemi per alzare il numero di ottani della benzina regular.

LA MISURA adottata dal governo e le notizie che vengono dal Venezuela hanno comunque provocato una reazione di nervosismo o di timore di tempi peggiori che si avverte chiaramente nelle code –in gran parte di auto dell’epoca sovietica come Lada e Moskovic o di almendorones americai degli anni Cinquanta o Sessanta del secolo scorso – che si allungano di fronte alle pompe di benzina. «La gente sta comprando benzina per farne scorta perché si aspetta che i prezzi del carburante aumentaranno nei prossimi mesi», sostiene una cuentapropista, che usa la sua Lada per andare a cercare e comprare i prodotti che servono al suo ristorante privato.

CIRCOLANO anche timori diffusi di un possibile ritorno al «periodo especial» in vigore a Cuba dopo l’implosione dell’Unione sovietica (fine del 1991) e che precipitò l’isola in una drammatica scarsezza di beni di consumo e di combustibile con le conseguenze che era difficilissimo spostarsi e con quotidiani e lunghi apagones (black out).

«NESSUNO vuol farsi sorprendere da una nuova crisi. E i timori si diffondono con le voci più diverse» dichiara un autista di un’impresa statale. Alcuni analisti sottolineano che con la fine della politica statunitense dei «piedi asciutti/piedi bagnati», ovvero la possibilità per i cubani di immigrare negli Usa, è venuta meno una valvola di sfogo delle preoccupazioni per un eventuale peggioramento della situazione. E ora, con la possibilità di una crisi del carburante «come pensi che la gente non tema il peggio e si prepari?», sostiene l’autista.

UNA VITTIMA collaterale sono i mass media ufficiali, che hanno mantenuto il silenzio sulle misure di restrizione della super. La crescita dei nuovi spazi di informazione «indipendente» (media, blogs etc ) –scrive il giornalista Fernando Ravsberg – si spiega anche col fatto che molti cubani «vi cercano l’informazione che non appare nella stampa ufficiale».