In Venezuela, il Parlamento a maggioranza antichavista respinge il decreto di Emergenza economica erogato dal presidente Nicolas Maduro per far fronte alla grave situazione esistente nel paese. Indigeribile, per le destre, la spesa sociale mantenuta a dispetto della drastica caduta del prezzo del petrolio e della tagliola imposta dalle agenzie di rating, che continuano a elevare il tasso di rischio riferito al Venezuela nonostante il rispetto delle scadenze, e che impongono alti costi e pagamenti in anticipo. Insopportabile il ruolo dello stato nell’economia e lo spazio dato alle piccole imprese comunitarie nel nuovo corso per l’autonomia produttiva – ancora molto lontana data la dipendenza dal petrolio (di cui il Venezuela custodisce le più grandi riserve al mondo).

Dopo la morte di Chavez (il 5 marzo del 2013), le grandi imprese private e i loro terminali all’estero hanno intensificato il sabotaggio e provocato una crescente scarsità di prodotti, acuendo usure e debolezze del campo avverso: un sistema politico che ha finora «imparato facendo», sperimentando forme di «democrazia partecipata», depotenziando dall’interno l’architrave di uno schema statale mai ribaltato da una rivoluzione, ma scontando anche il parassitismo dei ministeri, la corruzione e nuove burocrazie. Un modello economico ibrido che ha operato una profonda riforma agraria e ridotto il «latifondo mediatico», ma che garantisce la proprietà privata, e per questo cerca di ridurne la proporzione incrementando altre forme: la proprietà statale, quella mista (partecipazione statale e controllo operaio) e la proprietà cooperativistica (le Comunas).

Ora, a fronte della crisi economica e ai due milioni di votanti che si sono astenuti durante le ultime parlamentari, consentendo l’ampia vittoria delle destre, il chavismo è attraversato da una discussione profonda: fra quanti vorrebbero negoziare un ritorno soft alle ricette economiche tradizionali e quelli che puntano sull’economia comunale e un’accelerazione della «transizione»: che al ricatto delle imprese private e alla «guerra economica» risponda con un maggior controllo dello stato, con altri espropri e con l’autogestione.

Il decreto di Emergenza economica contempla, per 60 giorni rinnovabili, la possibilità di decidere in tal senso e di stornare fondi inevasi da un ministero all’altro per garantire il gigantesco piano di misure sociali portato avanti in 15 anni di socialismo bolivariano. Al contempo, istituisce speciali commissioni di dialogo: a cui partecipano anche imprenditori privati che non siano solamente interessati alla speculazione finanziaria.

Intanto, gli operai denunciano che l’impresa privata Polar ha sospeso 250 lavoratori violando la Ley Organica del Trabajo. E continuano le indagini sull’uccisione del giornalista chavista Ricardo Duran, già sfuggito a più di un attentato.