Un fiume di giovani ha riempito le strade di Caracas per confluire a Miraflores: studenti, professori, lavoratori del sistema educativo hanno marciato in difesa della scuola pubblica garantita in 17 anni di governo chavista.

“Prima di Chavez, questo palazzo serviva per i traffici delle oligarchie, oggi è casa vostra, la casa del popolo”, ha detto Nicolas Maduro ricevendo la manifestazione nei grandi spazi all’aperto del palazzo presidenziale. Sul palco, gran parte della squadra di governo che cerca di portare fuori il paese dalla crisi: contro venti e maree.

L’opposizione, maggioritaria in Parlamento dal 6 dicembre, sta accentuando lo scontro di poteri per far precipitare la situazione. L’arco di forze che compone la Mesa de la Unidad Democratica (Mud), e che va dall’ex centro-sinistra all’estrema destra, preme su tre fronti: quello internazionale, quello dei grandi gruppi (economici e mediatici) e quello dello scontento, in cui le bande di estrema destra e i paramilitari cercano di provocare un’esplosione.

In campagna elettorale, l’attuale presidente del Parlamento, Ramos Allup (capo del partito Accion Democratica e vicepresidente dell’Internazionale socialista) aveva promesso di “farla finita con le code in 15 giorni”. Niente di tutto questo è però avvenuto, anzi. Le code per l’accesso ai prodotti regolati continuano a essere chilometriche, l’accaparramento e il mercato nero non si riescono a debellare e i prezzi schizzano alle stelle nonostante le disposizioni di legge. Nei mercati improvvisati, tutti vendono e rivendono, sperando di guadagnare in due giorni giorni quel che guadagnerebbero in un mese di lavoro.

“Qui non c’è ancora una cultura del lavoro consolidata – dice al manifesto Jesenya, che insegna in una scuola elementare – il rischio è che si disgreghi il tessuto sociale. Nei quartieri popolari ci scambiamo i prodotti, il trueque fa parte della nostra comunità. Il popolo resiste perché capisce da dove si originano i problemi, sa chi ha interesse a portarlo all’esasperazione, ma la situazione è pesante”. E le destre contano di approfittarne.

In molte grandi imprese private i sindacati denunciano il blocco pretestuoso della produzione e chiedono al governo di intervenire. Ieri, i lavoratori della Kimberly Clark, che si trova nella zona industriale di Maracay (Aragua) e che produce carta igienica e altri articoli di igiene personale, hanno denunciato il blocco di 6 delle 9 linee di produzione. Il Parlamento ha bocciato il piano di rilancio produttivo approvato per decreto presidenziale e negoziato con profitto con gran parte dei settori economici.

Quello legislativo è però solo uno dei cinque poteri previsti dalla Costituzione bolivariana, che ha carattere presidenziale e prevede l’assoluto equilibrio fra i poteri. Per questo, la Mud non ha potuto seguire la via di Macri in Argentina o quella di Temer in Brasile e diverse leggi per privatizzare il sistema pubblico sono state dichiarate incostituzionali dal Tribunal Supremo de Justicia (Tsj). L’unica “proposta” dell’opposizione resta perciò quella di cacciare Maduro dal governo con un referendum revocatorio di cui non intende rispettare i tempi. E preme sugli organismi di controllo (Consejo Nacional Electoral – Cne – e Tsj) organizzando mobilitazioni. “Non accettiamo influenze da nessuna delle due parti”, ha affermato Sandra Oblitas, vicepresidente del Cne, dichiarando concluso il controllo delle firme raccolte dalla Mud per avviare il referendum.
Il paese è diviso, ci sono scontenti e delusi anche fra i settori popolari. La forza dell’opposizione non sta però nelle piazze. Il nucleo duro della militanza è intruppato da Voluntad Popular, il partito di Leopoldo Lopez, beneamato dalle destre spagnole e latinoamericane. La forza della Mud sta nella pressione internazionale, nelle grandi corporazioni economico-mediatiche a guida Usa che si vedono all’opera in Argentina e in Brasile.

La Casa Bianca “è disposta ad aiutare l’economia venezuelana a rimettersi in piedi”, ma solo in presenza di “un’autorità decisionale” diversa da quella attuale. Il Venezuela è il quarto paese fornitore di petrolio agli Stati uniti, anche se in questi anni ha moltiplicato le relazioni commerciali con i Brics. Ma con il gigante brasiliano che ha sbandato a destra, la situazione è complicata.

“Le multinazionali non firmeranno nessun accordo con il governo che non venga approvato dal Parlamento”, ha pronosticato Ramos Allup. Il Paraguay, sospeso dal Mercosur dopo il golpe parlamentare contro il presidente Fernando Lugo (nel 2012) e poi riammesso, ha chiesto una riunione urgente sulla situazione venezuelana. L’Organizzazione degli stati americani (Osa) sta preparando le condizioni per far votare la Carta democratica, che prevede l’espulsione di un paese membro in caso di “rottura dell’ordine costituzionale”.

In Spagna, il Consiglio di Sicurezza nazionale vuole discutere la crisi del Venezuela “che può nuocere agli interessi spagnoli”. Una decisione annunciata dopo la visita a Caracas del leader di Ciudadanos, Albert Rivera, invitato in Parlamento dall’opposizione.

Ieri, parlando agli studenti, Maduro si è rivolto con sarcasmo al premier Mariano Rajoy e all’”ossessione della borghesia madrilena” per il paese bolivariano. “Se vuole fare campagna elettorale su di noi, venga a farla direttamente qui. Così potremo discutere dei diritti sociali garantiti ai venezuelani e del disastro che ha provocato lui in Spagna. Lì la disoccupazione è al 21%, in Venezuela al 7%. In Venezuela abbiamo costruito oltre 1 milione di case popolari, in Spagna in quattro anni almeno 500 persone hanno perso un tetto”.

In Spagna, “la crisi che colpisce il Venezuela dopo la drastica caduta del prezzo del petrolio l’avrebbero pagata i settori popolari”. Invece, non è stata ridotta la spesa sociale. Negli ultimi tre anni i finanziamenti alla scuola pubblica e all’università hanno continuato a crescere “nonostante il sabotaggio di alcuni rettori che provocano ritardi nei pagamenti e danneggiano gli studenti”.

In 17 anni, il Venezuela è diventato il quinto paese al mondo per matricole universitarie. Ieri, il presidente ha firmato un incremento del 100% per le borse di studio, nel paese e all’estero, e un aumento del 54% dei salari per i lavoratori dell’università. E 900 milioni di bolivar (90.545.501 dollari) per 106 progetti socio-produttivi nelle università pubbliche del paese, dove tutti studiano gratuitamente e, oltre ai libri, ricevono un ipad in dotazione. A scolari e liceali, nel kit fornito ogni anno viene incluso un portatile.