Tutto declinato al futuro. Una scommessa vera di queste tempi. Eppure Vasco Brondi alias Le luci delle centrale elettrica – un progetto musicale che mescola afflati rock con un’ironia morbida ma tagliente – con il nuovo album Costellazioni – il terzo di una carriera iniziata nel 2007 che arriva nei negozi e negli «stores digitali» il prossimo 5 marzo – si dice convinto di come la situazione «non sia affatto compromessa».

«Mi sono stancato – spiega il giovane autore classe 1984 cresciuto tra Ferrara e l’Emilia – di sentire parlare di mancanza di prospettiva. Così radicato, che persino se lo chiedi a un ragazzino te lo ripete a pappagallo». Un disco scritto e metabolizzato dopo un viaggio in Europa e in America «ma in realtà non mi ha influenzato troppo nella stesura dei brani». Un lavoro condiviso insieme all’altra «Luce» Federico Dragogna, in una stanza fra Milano e Ferrara: «Ho pensato che in questo clima di crisi e di lamentele avrei voluto una lunghissima festa senza senso. Un cd da mettere per ballare sotto le bombe, da suonare durante la guerra».

Tanti brani, piccole storie fra la via Emilia e il West, percorsa in passato da Guccini: «Essermi fermato a New York, un’esperienza peraltro bellissima, mi ha fatto però ridimensionare quel posto. E ridimensionerei tutti quei luoghi che nel nostro immaginario personale sono al centro del mondo. Mi rifaccio alla filosofia dei Cccp ’la situazione è eccellente i nostri posti sono quelli giusti e sono i nostri tempi perché sono quelli che abbiamo’. Loro dicevano ’non a Berlino, non a Parigi ma a Carpi o a Reggio Emilia».

Opera strutturata in improvvise accellerazioni alternati a momenti di quiete. I Sonic Youth, è uno dei piccoli gioielli presenti in Costellazioni: «Volevo raccontare una storia di provincia, di quando ero ragazzino. Due persone che si allontanano per questioni geografiche e lavorative. E poi c’è il ricordo che li legava proprio alla passione per i Sonic Youth, italianizzati mettendo l’articolo davanti. Erano una band profonda ma allo stesso tempo possedevano quella che Gaber chiamava ’illogica allegria’».

Mille personaggi e vicende fitte di illusioni e speranze, depressione e energia. Forse il più pragmatico è il protagonista di Vendi bene: «L’ho costruita musicalmente pensando a Battiato, ai Cccp e ai Phoenix mentre il testo l’ho composto. L’ho scritta a Bologna dove l’ombra del 1977 è ancora ben presente. Un raffronto fra il clima di quegli anni, così ricco di speranza e l’oggi dove è cambiato radicalmente il modo di pensare. Una cosa che trent’anni fa era letta in maniera negativa – il vendersi per opportunismo – oggi è né più né meno un modo per sbarcare il lunario. Terribile». Il campo di interessi di Vasco Brondi non si limita alla musica; con Cronache emiliane – nel 2011 – ha portato in teatro un progetto in cui mescolava canzoni a testi di Gianni Celati, Pier Vittorio Tondelli e foto di Luigi Ghirri: «Era una formula impossibile utilizzando sola la forma canzone. È un corto circuito dove ho mescolato frammenti di libri alla musica, con le fotografie di Ghirri proiettate su uno schermo».