Nella Repubblica Democratica del Congo è in corso la decima epidemia di Ebola degli ultimi quarant’anni. Ora c’è un vaccino, è sperimentale ma sembra efficace. Però il vaccino da solo non è la soluzione: bisogna convincere la popolazione.In questo caso bisogna convincere la popolazione dei villaggi a sottoporsi alla campagna vaccinale, sconfiggendo le superstizioni che consigliano di affidarsi ai santoni piuttosto che ai medici. Ricorda qualcosa?

Tenuto conto delle enormi differenze tra l’Italia e la Repubblica Democratica del Congo, e tra il morbillo e Ebola, le autorità sanitarie nei due paesi si trovano di fronte a problemi analoghi. Anche l’Italia ha dovuto fronteggiare un’epidemia, quella del morbillo. Nel 2017 eravamo il quinto paese al mondo per numero di casi, peggio della stessa Repubblica Democratica del Congo secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms).

L’allora ministra Lorenzin aveva introdotto l’obbligo vaccinale (che non c’è nella maggior parte dei paesi europei) contro dieci malattie e promesso campagne informative a favore delle vaccinazioni. I casi di morbillo sono calati. Ma le campagne di informazione sono rimaste in gran parte solo sulla carta del Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale 2017-2019. Il risultato è davanti agli occhi di tutti: al Movimento 5 Stelle sono bastati due provvedimenti amministrativi, come il ricorso all’autocertificazione e il rinvio dell’obbligo vaccinale per le iscrizioni a scuola, per modificare alcuni punti dei decreti Lorenzin.

Per capire la strategia dei M5S, è bene tenere a mente che l’Italia non è affatto divisa tra Pro Vax e No Vax. Questi ultimi sono una minoranza elettoralmente trascurabile a livello nazionale. La mossa punta a riproporre il Movimento come forza anti-establishment, un segnale a cui è sensibile anche chi non ha figli da vaccinare. E a uscire dall’ombra in cui l’ha relegato Salvini.

C’è da sperare che l’abolizione dell’obbligo non ci riporti immediatamente in testa alle classifiche Oms. In questo caso, però, sarebbe sbagliato darne tutta la colpa ai grillini. Limitandosi a rendere obbligatorie le vaccinazioni senza investire sul piano della comunicazione pubblica, la ministra Lorenzin ha creato un totem perfetto, pronto per essere abbattuto dal Movimento.

Come nella Repubblica Democratica del Congo, se si fosse tentato di portare dalla propria almeno gli indecisi e i “ritardatari” (i genitori che ritardano le vaccinazioni, pur ritenendole opportune), oggi la necessità delle vaccinazioni sarebbe un’opinione condivisa, e non sarebbe bastata una firma su un atto amministrativo per piegarla. La dinamica della copertura vaccinale contro il morbillo dimostra che la materia non consente semplificazioni: il calo inizia nel 2008, quando le regioni iniziarono a rendere facoltativi i vaccini, ma la copertura inizia a risalire nel 2015, ben prima del decreto Lorenzin e per ragioni più culturali che normative.

Certo, convincere i No Vax non è facile. Però esiste una letteratura abbastanza ampia su quali approcci siano efficaci. Ad esempio, la comunicazione muscolare del virologo Roberto Burioni piace molto ai media ma non sposta nulla. I No Vax non sono cafoni ignoranti da convincere con le maniere forti: come ha ben raccontato Andrea Grignolio nel saggio Chi ha paura dei vaccini? (Codice, 2016), si tratta di genitori impauriti ma abbienti e istruiti, anche se non abbastanza da maneggiare le controversie scientifiche. Con questi cittadini occorre stabilire un rapporto empatico, mostrare seria disponibilità per le loro tesi, sia pure per contrastarle, ed evitare in ogni modo lo scontro frontale.

Chi ha proposto tali strategie alternative alla semplice imposizione di un obbligo di legge è stato accusato da Burioni & Co. di scarso impegno a favore della scienza, quasi una quinta colonna dei No Vax. Invece, oggi è l’approccio muscolare e tecnocratico a dimostrare tutta la sua fragilità.