Un’Unione solo di carta e metallo
Euro, l'ultima mitologia Eppure queste monete ci parlano ancora e dunque, forse, per uscire, sul piano profondo, da questa crisi identitaria che rischia di travolgere le radici dalle quali doveva nascere l’albero nuovo delle cittadinanza europea, andrebbe ripensata la grafica dell’Euro, ripristinando i volti ed i simboli della comune avventura che concepirono i nostri visionari Padri Fondatori.
Euro, l'ultima mitologia Eppure queste monete ci parlano ancora e dunque, forse, per uscire, sul piano profondo, da questa crisi identitaria che rischia di travolgere le radici dalle quali doveva nascere l’albero nuovo delle cittadinanza europea, andrebbe ripensata la grafica dell’Euro, ripristinando i volti ed i simboli della comune avventura che concepirono i nostri visionari Padri Fondatori.
Che ruolo ha l’Euro – come moneta di metallo e di carta – nella crisi attuale dell’Unione Europea? Che significato riveste oggi per l’identità europea questa valuta che accomuna l’economia di ben 19 dei 28 Paesi comunitari? Per rispondere bisogna partire dall’originale significato di una moneta quando ancora esistevano le monete nazionali. Sin dai tempi antichi il conio di una moneta aveva alta valenza simbolica, sacro addirittura, prima che economica.
Una moneta trasmetteva prima di tutto un significato legato all’auctoritas di chi la batteva, di chi, per la possibilità stessa di coniarla, trasponeva nella moneta la legittimità del suo potere temporale che, però, derivava direttamente da quello spirituale.
Nel corso del tempo assistiamo ad una progressiva perdita dell’originale significato, con la conseguente trasformazione della moneta in semplice oggetto quantitativo, che abbandona via via tutti i significati e le ascendenze simboliche per trasformarsi in un puro strumento mercantilista, senza più trasmettere una idea forte, un significato profondo, ideale. Una facile osservazione a riguardo di questa degenerazione, che ha nell’Euro la sua forma attualmente più avanzata, può essere fatta osservando le monete antiche. Così possiamo vedere come presso i Celti i simboli raffigurati sulle monete metalliche trovano spiegazione solo se si conosce la simbologia druidica, il che implica un intervento di tipo magico di altissimo livello. In tempi meno remoti invece, ad esempio quelli dell’antico impero romano, non solo troviamo l’effige dell’imperatore, notoriamente figura semidivina, ma anche una serie di motti che, per così dire, sintetizzano una visione politica: la moneta come epitome di una visione del mondo. Questa modalità va avanti sino al Medio Evo e si spinge nel Nuovo Mondo sino all’attuale configurazione del dollaro statunitense, sul quale i simbolismi di tipo massonico, la piramide tronca con l’occhio onniveggente, si affiancano al motto stesso degli Stati Uniti: E pluiribus Unum, da molteplice all’uno, sintesi dell’unità nella diversità, mentre su tutti campeggia la fede nella missione trascendentale, nel destino stesso degli Usa: In God We Trust, crediamo in Dio; in altre parole, questa moneta è un veicolo della Sua volontà.
Anche l’Europa pre-Euro aveva la stessa tipologia di moneta: come dimenticare la Lira post bellica con l’effige della Repubblica, splendida donna col capo cinto di spighe di grano, un richiamo a Cerere ed alla centralità della vita contadina, o il forgiatore che batteva sull’incudine delle cinquanta Lire nella sua posa da atleta greco, omaggio alla nuova civiltà del lavoro? E la cornucopia portafortuna sulla moneta da una Lira, speculare al timone di una barca a remi? O, ancora, le varie monete cartacee con i volti delle figure più rappresentative della storia italica, e non solo italiana, da Dante a Volta, da Caravaggio a Verdi? Nelle altre nazioni europee la vicenda è simile e non vi è necessità di dilungarsi. Tutto questo per dire che la moneta racchiude, se pur in modo oramai residuale – ma non scordiamo che i simboli agiscono su di noi e sulla nostra percezione del mondo anche quando di essi non siamo consapevoli – una valenza non solo quantitativa bensì anche qualitativa, cioè la capacità di veicolare e rappresentare una idea e dei valori non solo nel senso mercantile che oggi ha completamente contaminato questo termine, ma di livello spirituale.
Ed eccoci allora all’Euro: nessun motto, nessuna effige di personaggi che possano essere rappresentanti di un passato che parla della visione di un domani comune, nessun monumento che amalgami le culture europee; solo ponti che finiscono nel nulla, archi metafisici che si stemperano nella nebbia, vetrate mute, portici inabitati. Permane un accenno ad un programma non certo ideale quanto ideologico, attraverso quella cartina muta che vede l’Europa estendersi dall’Atlantico agli Urali, escludendo beninteso la Turchia e le sponda Sud del Mediterraneo! Solo nelle monete- ancora loro! – troviamo imbalsamato un significato simbolico residuale, esattamente lo specchio del destino attuale di una Unione sempre più di facciata, e di carta, e sempre meno di sostanza, come le sue oramai svalutatissime monete sulle quali si ostinano a campeggiare ancora i vecchi miti fondatori: il ratto d’Europa, l’Aquila Germanica, l’Uomo Vitruviano; tutte però legate ad una singola nazione e non ad un progetto comune.
Eppure queste monete ci parlano ancora e dunque, forse, per uscire, sul piano profondo, da questa crisi identitaria che rischia di travolgere le radici dalle quali doveva nascere l’albero nuovo delle cittadinanza europea, andrebbe ripensata la grafica dell’Euro, ripristinando i volti ed i simboli della comune avventura che concepirono i nostri visionari Padri Fondatori.
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