Il concetto di «rete» appartiene alla natura delle radio web per più di un aspetto. C’è la rete internet, in primis, che permette la connessione di realizzatori e ascoltatori; c’è poi un senso filosofico più profondo, sulla scia dell’actor-network-theory di autori come Latour, per cui la trasmissione in streaming è possibile grazie a una rete tra soggetti umani e non umani – in questo caso, tecnologici. Ma c’è anche un’idea più immediata, per cui una radio sul web mette in relazione attività creative diverse disegnando connessioni orizzontali tra un’artista, una canzone, un progetto sociale o politico.

Alcuni degli artisti di Radio India

TUTTE QUESTE possibilità si intrecciano in quelle che sono le reti vere e proprie, organizzazioni che uniscono le web radio tra di loro. La prima a interessarci è RadUni, realtà che dal 2006 riunisce le radio universitarie italiane (sono 37), una categoria radiofonica «storica» che, più di ogni altra, si è trasferita in maniera netta dalle frequenze in Fm a internet, almeno in Italia. «È stato un processo obbligato, dettato dall’indisponibilità di frequenze libere in cui trasmettere, e dalle difficoltà economiche e normative per accedervi» spiega Carlo Pahler, presidente di RadUni. «A fare da apripista furono le emittenti universitarie di Siena e Teramo, rispettivamente Facoltà di Frequenza e RadioFrequenza. Quest’ultima è la prima web radio universitaria italiana, online dal 2000. Nel 2006, alcuni studenti e giovani professionisti si sono dati appuntamento a Firenze dando vita al primo raduno nazionale delle radio universitarie». Appuntamento che si ripete ogni anno in una città diversa con il vivacissimo Fru – Festival delle Radio Universitarie. «Trasmettere su internet ha i suoi vantaggi, ma anche svantaggi – continua Pahler – tra i primi vi è l’accessibilità globale e i costi ridotti. Tra i limiti, c’è innanzitutto la necessità di una connessione internet a banda larga stabile, e poi la competizione online con altre emittenti (il web offre una minore chance di emergere, tenuto conto della moltitudine di contenuti disponibili), e infine l’alto costo delle licenze legate al mondo dei diritti d’autore». Quello dei diritti, di cui abbiamo parlato già nelle precedenti puntate di Fuori Onda, è un tasto dolente anche per le radio universitarie. Infatti «non esistono trattamenti differenziati, pur avendo risorse molto limitate, svolgendo un servizio di tipo culturale e di promozione della musica». Il panorama sembra comunque promettente: «Negli ultimi anni le università sono affascinate dal mondo della radio e dei podcast. Molte si stanno dotando di questi strumenti per poter meglio dialogare con il territorio. Dopo un periodo di staticità abbiamo rilevato nella nostra mappatura annuale una crescita numerica delle radio universitarie a livello nazionale, che si accreditano quale esempio virtuoso di radio comunitarie, e spazio diffuso di sperimentazione e di formazione».

Carlo Palher
Negli ultimi anni le università sono affascinate dal mondo della radio e dei podcast. Dopo una stasi, c’è di nuovo una grande crescitaUNA RETE di tipo diverso, accomunata da una sensibilità per la sperimentazione artistica, è invece Radia (www.radia.fm). Include venti stazioni da 13 diversi Paesi, realtà che praticano «nuovi e dimenticati modi di fare radio». «Il Radia Network è emerso da una serie di incontri, eventi clandestini, discussioni in discoteca a tarda notte e molti scambi di e-mail tra produttori di radio culturali in tutta Europa. Gli argomenti sono vari e le ragioni per fare rete sono tante, gli approcci differiscono, così come i contesti locali, ma tutte le radio condividono l’obiettivo di uno spazio audio in cui può accadere qualcosa di diverso» si legge sul sito, aggiornato spesso con i migliori contenuti realizzati dalle radio affiliate. Radia si è spesso intrecciata con appuntamenti come Documenta14 o La Biennale d’arte di San Paolo dove sono state presentate retrospettive o dirette create appositamente. Lo stretto rapporto con le arti, in questo caso performative, è anche la caratteristica di Radio Frammenti, web radio itinerante realizzata da Maria Genovese per «mettere in rete» la realtà teatrale italiana. E il teatro negli ultimi anni ha sperimentato in maniera molto interessante le possibilità offerte dalle radio web.

LA MICCIA è stata, in maniera evidente, la pandemia di Covid-19. Un evento che ha avuto un forte impatto sulla trasmissione via internet, mostrandone tutte le potenzialità e portando allo stesso tempo alla trasformazione di percorsi consolidati. Ne hanno risentito in particolare le street radio, ovvero quelle radio che avevano il loro studio di trasmissione su strada. Si sono infatti spostate «al chiuso» Le Mellotron a Parigi, Nts a Londra e Radio Raheem a Milano.

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Suona ancora.Un panorama frastagliato di vive vociMa in quei giorni di spaesamento e isolamento le radio web sono state una grandissima risorsa per «fare rete», per portare avanti dei progetti comuni nonostante tutto fosse fermo, per accorciare quelle vertiginose distanze o anche solo per raccontare il proprio vissuto. Esemplare è stata Radio Quartiere a Milano (www.radioquartiere.online), «radio autoprodotta nata da un gruppo di amici che vivono nella zona Nord-Ovest della città». Le trasmissioni sono andate avanti per i due mesi del lockdown primaverile del 2020 (ma sono ancora disponibili online), manifestando una vera creatività dal basso: «C’è stata la musica da condividere e ascoltare insieme, chi ha raccontato la città che rallentava, chi leggeva dei libri, chi trasmetteva spezzoni di film, chi mandava registrazioni e chi faceva dj set». Un esempio che ha ispirato la nascita di molte altre radio web, tra cui la palestinese Radio Alhara (www.radioalhara.net) di cui abbiamo estesamente parlato su queste pagine il 26 marzo scorso, dove in maniera naturale si intrecciano musica elettronica e rivendicazioni per la liberazione della Palestina.
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Radio India, un lavoro aperto e collettivo
Sempre durante la pandemia è nata a Napoli Radio Quar (www.news.radioquar.com), che ha cambiato natura diventando una stazione attiva tutti i giorni con un ricco palinsesto e una vocazione politica (tra i contenuti proposti, approfondimenti su Genova 2001 e sulle lotte nel mondo del lavoro, sul Pride e Black lives matter). Durante il lockdown anche il Fanfulla, noto circolo Arci di Roma obbligato come tutti a chiudere i battenti, ha iniziato a trasmettere su web. Una pratica che ora va avanti di tanto in tanto intersecandosi con i tanti concerti proposti, le trasmissioni vengono rilanciate anche da Radio Underground Italia, un’altra «rete» che tiene insieme musicisti e musica indipendenti.

MA TRA GLI ESPERIMENTI più notevoli nati nell’infausto 2020 non si può non citare Radio India. In quei drammatici giorni in cui anche i teatri erano chiusi, una vera e propria fucina di artisti si riunisce nello stabile romano. Daria Deflorian, Muta Imago, Michele Di Stefano, Industria Indipendente, Dom-, Fabio Condemi danno vita a un palinsesto colto, imprevedibile e stimolante (ascoltabile su Spreaker). Lettere da luoghi scomparsi, analisi dello spazio, interviste e danze hanno trovato una via nuova per aprirsi al pubblico. L’Ubu nel 2021 è stato il coronamento di un progetto per tempi di crisi e come tale non ripetibile, che ha saputo mettere in luce la vitalità del teatro di ricerca nostrano. Qualcosa, comunque, è rimasto: il festival If/Invasioni (dal) futuro curato da lacasadargilla al Teatro India sarà inaugurato, il prossimo 28 agosto, proprio da una radio web creata per l’occasione.

 

Allarghiamo lo sguardo. Venerdì prossimo, nell’ultima puntata di Fuori Onda, ascolteremo le voci di alcune delle web radio più interessanti fuori dai confini nazionali. La «trendsetter» delle trasmissioni musicali Nts, la sperimentale Duuu, la comunitaria Radio Worm e molte altre.