L’articolo di Valentino Parlato in occasione della scomparsa di Michelangelo Notarianni aveva per titolo ‘I dobloni di Michelangelo’, volendo sottolineare il grande contributo di conoscenza che Michelangelo aveva dato ai compagni del manifesto e non solo. Credo che sia giusto sottolineare ora qualche importante contributo, qualche doblone, che Valentino ci ha distribuito e dei quali è ben far tesoro.

Valentino si è occupato di molte cose sia nella organizzazione politica del manifesto che nel giornale. Ma in alcuni ambiti il suo ruolo è stato al contempo indispensabile e specifico.

Sicuramente Parlato è stato un importante analista della società e dell’economia italiana, sin da quando nella sinistra, soprattutto comunista, di economia se ne sapeva poca. Ma soprattutto è stato uno dei pochi studiosi competenti del Mezzogiorno, una tematica che lo ha visto impegnato a partire dagli anni giovanili di collaborazione con Cronache Meridionali, una rivista che il Partito faceva a Napoli ricca di inchieste sui contadini, i braccianti (in particolare le braccianti) e il popolo meridionale in generale.

Il popolo, appunto: parola che ora ci fa drizzare i capelli in testa ma che all’epoca intendeva sottolineare la possibile unità e gli interessi comuni di strati sociali frammentati in un’ottica gramsciana. Non a caso ancora in anni lontani Valentino – insieme a Franco De Felice – curava e introduceva per gli Editori Riuniti il Gramsci della Questione meridionale.

Ma nell’approccio di Valentino al Mezzogiorno, sempre attento ed aggiornato, c’era qualcosa di più: c’era l’adesione ai valori e allo stile della intera tradizione meridionalista: quella basata al contempo su di una analisi concreta della realtà economica e sociale del Mezzogiorno e su di una forma di indignazione per lo stato di cose esistenti.

Non erano solo i temi gramsciani a interessarlo ma molti spunti della tradizione meridionalista, dall’anti-protezionismo e anti-colonialismo di Napoleone Colaianni alle esigenze democratica e partecipativa espressa dall’autonomismo di Cattaneo. Tematiche, insomma di una cultura antica, che Valentino ha posseduto e ha cercato di non far disperdere, argomenti ‘inattuali’ che hanno continuato a interessarlo sempre. In questo come in altro il suo rapporto con gli interlocutori esprimeva sempre una curiosità benevola e senza pregiudizi.

Uno dei suoi contributi principali è stato appunto quello di portare queste tematiche nella cultura del Manifesto e della nuova sinistra. Devo dire anche con successo.

E ora che il Mezzogiorno vive una crisi terribile dal punto di vista economico e occupazionale – ma anche culturale – ci si può rendere conto di quali danni abbia determinato la disattenzione per la questione del Mezzogiorno nella politica e nella società italiana.

E vale la pena anche di riandare a quei lavori di scavo e di denuncia come «industrializzazione e sottosviluppo» scritto insieme a Santo Mazzarino e Eugenio Peggio che denunciava le carenze e le deviazioni dell’intervento pubblico nel Mezzogiorno e che rese celebre l’immagine delle «cattedrali nel deserto» e di rileggere i suoi scritti sulla economia e la società italiana.

Per queste sue competenze alcuni anni addietro dei miei allievi e colleghi vollero che lo invitassi a tenere all’Università di Napoli come ‘Professore a contratto’ un corso su ‘La questione meridionale’: corso che egli tenne con impegno stimolando in loro un grande interesse.

La curiosità di Valentino era infatti infettiva perché grande era la sua capacità di saldare il patrimonio di una cultura antica alla realtà di oggi.