Ci lascia una delle menti più geniali del secolo e forse del millennio, ma le sue teorie rivoluzionarie, gli insegnamenti, l’esempio fulgido della sua perseveranza e una personalità in grado di sfidare e sconfiggere i limiti imposti dal corpo malato, rimarranno impressi nella memoria ancora a lungo, testimoniati e tramandati nelle sue opere scientifiche, ma anche al cinema, grazie alle voci di quanti ne hanno voluto raccontare vita e pensiero attraverso le immagini.

La rappresentazione di Stephen Hawking sul grande schermo abbraccia le sue avanzate teorie sull’origine dell’universo, ma si sofferma anche sulla dimensione più intima della sua esistenza, quella dell’uomo, della sua vita privata, la famiglia, gli amori. Una rappresentazione che conosce la cifra rigorosa del documentario e quella invece «mainstream» del romantic-drama, mentre neppure si contano le numerose apparizioni televisive, in show, film e serie tv, che lo hanno consacrato come una delle icone definitive del mondo scientifico del Novecento e del nuovo millennio: Star Trek: The Next Generation, I Griffin, The Big Bang Theory, Lost, Doctor Who, perfino i Simpson, che gli hanno reso omaggio citandolo in diversi episodi della serie, reso (rispettosamente) in caricatura con il tipico incarnato giallo.

Due grandi star gli hanno recentemente prestato il volto: Benedict Cumberbatch, che lo ha interpretato in una fiction tv prodotta dalla BBC nel 2004 intitolata semplicemente Hawking (esiste anche un documentario con lo stesso titolo girato da Stephen Finnigan nel 2013, in cui Hawking interpreta se stesso e si racconta) e Eddie Redmayne, che per la sua interpretazione in La Teoria del tutto, diretto da James Marsh nel 2014, è stato premiato con l’Oscar come migliore attore protagonista.

Ma se La teoria del tutto – forse perché si tratta del titolo più recente, o magari perché quello di più facile accesso al grande pubblico – è il titolo più ricordato quando si accosta il nome del grande scienziato al cinema, l’opera invece più complessa e interessante sulla figura di Hawking è Dal big bang ai buchi neri, documentario del 1991 a firma del grande Errol Morris. Il regista si è accostato con grande lealtà e rispetto alla figura dell’ astrofisico inglese, ma senza rinunciare al ruolo di teorizzatore (a sua volta), mettendo in una continua relazione dialettica le immagini e il linguaggio.

Anche quello post-verbale dello stesso Hawking, tradotto in suoni elettronici per mezzo di un computer. Morris dialoga con lo scienziato e prova a «sfidarlo» sullo stesso terreno di gioco: rendere comprensibili le teorie scientifiche attraverso l’uso di un linguaggio comune. Ecco allora spiegare, ad esempio, i buchi neri con la bella immagine di due ballerini che volteggiano mentre ballano un valzer. Se La teoria del tutto è un Bignami scientifico in chiave romantica, Dal big bang ai buchi neri è la storia di un uomo e del suo pensiero, qualcosa che va molto oltre il romanzesco, la biografia o la semplice di