Le posta in gioco per il summit Ue-Cina non poteva essere più alta. La guerra in Ucraina rappresenta un momento cruciale per l’ordine internazionale ed è importante che ciascuno giochi il proprio ruolo.

Con la rinnovata sintonia transatlantica, il coordinamento su Pechino rappresenta una priorità alta nelle agende di Washington e Bruxelles e l’attacco militare russo ha spinto le due sponde dell’Atlantico ancora più vicine.

Dal canto suo Pechino non vuole pressioni, e certamente non vuole schierarsi apertamente al fianco dell’Occidente. Aspettarsi un cambio di rotta da parte della Cina sarebbe quindi ingenuo – Pechino non può e non vuole al momento condannare pubblicamente l’aggressione militare russa.

I fatti però contano più delle parole, e questo è quello che Washington e Bruxelles vogliono che Pechino capisca bene. Nell’incontro virtuale di due settimane fa, il Presidente statunitense Joe Biden ha chiarito che «ci saranno probabilmente delle conseguenze» per quelli che offriranno supporto economico o militare alla Russia.

Mentre gli Usa fanno il poliziotto cattivo, l’Ue cerca di fare leva sugli interessi cinesi: nella conferenza stampa dopo il summit, la Presidente della Commissione europea Von der Leyen insiste sul danno economico e reputazionale che il sostegno concreto alla Russia porterebbe alla Cina. Se è vero che Pechino preferisce mantenere un’ambiguità politica nei confronti di Mosca, il protrarsi del conflitto in Ucraina non rientra certo negli interessi cinesi.

Con il comunicato congiunto del 4 febbraio, Mosca e Pechino hanno annunciato al mondo la loro partnership ‘senza limiti’ basata sui valori condivisi. Questa partnership sembra che in realtà di limiti ne abbia. Nelle parole dell’ambasciatore cinese a Washington Qin Gang di qualche giorno fa: «La cooperazione Cina-Russia ha una linea di fondo» ovvero i principi del diritto internazionale. Durante il summit, i leader europei hanno anche fatto riferimento ai principi di sovranità e integrità territoriale, quelle norme stabilite dalla Carta delle Nazioni Unite a cui la Cina rimanda spesso. Cercando di fare il poliziotto buono, Bruxelles insiste sui tornaconti di Pechino e non fa minacce velate.

Se l’Ue ci tiene a far sapere che «questo summit non è stato affatto ordinaria amministrazione», Pechino dell’invasione russa proprio non vuole parlare.

Quello che traspare dal comunicato cinese in realtà è proprio che si è stato (quasi) tutto come al solito. Nel testo cinese le parole sull’Ucraina sono in fondo, dopo un lungo elenco di punti per la cooperazione bilaterale, dal Covid-19 al cambiamento climatico passando per la liberalizzazione di commercio e investimenti.

Senza nominare né l’Ucraina né la Russia, Pechino spiega che sta spingendo per i negoziati di pace «a modo suo» e che continuerà a lavorare con la comunità internazionale per «fermare le ostilità».

L’assenza di un comunicato congiunto a fine summit ci fa capire che le posizioni sono agli antipodi e nessuno si aspettava di formulare piani concreti per la cooperazione bilaterale: è stata un’opportunità per chiarire le reciproche posizioni in un momento teso e delicato.
Di rassicurazioni da Pechino sembra che ne siano arrivate poche e che la Cina svolga il ruolo di possibile mediatore tra Russia e Ucraina sembra sempre meno probabile; abbandonare il dialogo però non è tra le opzioni.