Si chiamava Cesar Vera e aveva quarant’anni. Eletto nello stato Tachira per il movimento Tupamaros, era deputato al parlamento venezuelano per il Gran Polo Patriottico, l’alleanza di partiti, reti e movimenti che sostiene la principale forza della sinistra venezuelana, il Psuv. Due sicari in moto l’hanno ammazzato nel comune Pedro Maria Urena, mentre parlava con alcuni amici davanti a un locale pubblico. Un omicidio mirato, compiuto da paramilitari, secondo i Tupamaros e secondo il governatore chavista Vielma Mora: «L’assassinio del compagno Cesar Vera, che ha disseminato la frontiera di fervore rivoluzionario, è sicariato politico – ha dichiarato Mora – i bossoli collegano il suo omicidio ad altri analoghi». Un altro tentativo «della destra venezuelana» di destabilizzare il Tachira attraverso il paramilitarismo, «un male generato in Colombia da Alvaro Uribe e che oggi colpisce il Venezuela», ha detto ancora il governatore.

Giorni fa, collettivi di studenti di sinistra avevano denunciato i tentativi dell’estrema destra di riattizzare le violenze del 2014, scoppiate nello stato di frontiera con la Colombia. Sono gli stessi professori di opposizione – avevano affermato gli studenti – che animano le guarimbas negli istituti, nei pressi delle case dello studente vengono accatastati pneumatici da bruciare e taniche di benzina. «Nel Tachira – aveva affermato Vielma Mora riprendendo la denuncia dei ragazzi – ci sono guarimberos al soldo di chi li paga, non hanno ideologia e non sanno perché stanno lì, ricevono una paga e fanno il lavoro che gli si ordina, di questo deve rendersi conto la gente di San Cristobal e del Tachira. Sono pagati per far danno ai beni pubblici e privati che poi lo stato deve ricostruire». Le guarimbas sono tecniche di violenza da strada in cui si ergono barricate con detriti e filo spinato teso da un lato all’altro della strada per far cadere i motociclisti. In questo modo, oltreché per le pallottole o per l’esplosivo dei gruppi oltranzisti è morta la maggior parte delle vittime (43) delle violenze del 2014, che hanno provocato oltre 800 feriti. Ora le destre maggioritarie in parlamento vorrebbero amnistiare i loro, mettendo nel mucchio anche banchieri fraudolenti e golpisti fuggiti a Miami. Per questo, il Venezuela sta illustrando la situazione all’Onu. Per rompere l’assedio delle destre che si fa più pressante dopo il rinnovo delle sanzioni di Obama, che ha definito il Venezuela «una minaccia inusuale e straordinaria per la sicurezza degli Stati uniti», il vicepresidente Aristobulo Isturiz sta facendo un giro fra i paesi dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica). «Vogliono distruggere il Venezuela dall’esterno», ha detto il ministro degli Esteri russo, Serguei Lavrov. E il Gruppo dei 77+ Cina ha respinto all’Onu il decreto Obama.
Ma, intanto, anche le destre ebraiche – rinvigorite dalla vittoria di Macri in Argentina, dove esiste la più numerosa comunità israelitica dell’America latina – si stanno mobilitando contro il Venezuela. Il Jerusalem Post ha dato notizia del vertice annuale tra America latina e Israele, durante il quale i rappresentanti di 13 paesi latinoamericani e caraibici hanno firmato una risoluzione di sostegno a Israele e contro le prese di posizione a favore dello stato palestinese. Le destre venezuelane, insieme a quelle argentine, che le hanno sponsorizzate durante la campagna elettorale, erano in prima fila. Intanto, dagli Stati uniti sta andando avanti un’inchiesta sulla petrolifera di stato venezuelana Pdvsa, a partire dalle dichiarazione di alcuni pentiti.
Nel Tachira sta avanzando anche la raccolta di firme per arrivare a un referendum revocatorio contro il presidente venezuelano Nicolas Maduro, possibile a metà mandato. Dal Tachira passano interessi e traffici giganteschi: di alimenti, benzina, e cambio al nero. La frontiera terrestre tra Venezuela e Colombia si estende per 2.219 km, la più popolata dell’America del sud. Il Venezuela custodisce le più grandi riserve di petrolio al mondo e le seconde di oro e negli stati di frontiera e in quelli più ricchi di risorse le bande paramilitari cercano di imporre o controllare le miniere a cielo aperto, fidando anche su una vasta rete di corruzione e connivenze di cui il socialismo bolivariano non riesce a venire a capo.