Sarà il commissario straordinario «per la ricostruzione, la ripresa economica e il sostegno al comune di Genova» a pianificare la ricostruzione del ponte sul Polcevera e scegliere le imprese cui affidare i lavori. Saranno in partenza imprese pubbliche e accanto a Fincantieri, che si troverebbe per la prima a volta a costruire un viadotto di tali dimensioni, dovrebbe esserci – ha detto ieri sera in tv il ministro Toninelli – Italferr, la società di costruzioni delle Ferrovie dello stato che ha dimestichezza con le grandi opere (ferroviarie) e sta lavorando, tra l’altro, all’Alta velocità Torino Lione. La strada scelta dal governo per tenere Autostrade fuori dal mega appalto della ricostruzione – «l’emergenza delle emergenze» – è quella di mettere in capo al commissario tutti i poteri «di sostituzione e di deroga» in quanto unico «titolare dei procedimenti di autorizzazione e approvazione dei progetti». Sarà dunque lui, e non la società che ha ancora la concessione di quel tratto di autostrada, ad affidare la progettazione e l’esecuzione dei lavori. Una via che non mette del tutto al riparo dai ricorsi e che non è detto non possa essere modificata in corso d’opera, quando le imprese prescelte dovranno inevitabilmente confrontarsi con Autostrade.

Chi sarà questo commissario il governo non lo scriverà nel decreto «Genova e infrastrutture» che dovrebbe essere approvato oggi dal Consiglio dei ministri, in modo tale da permettere al presidente Conte di parlarne venerdì in città quando ci sarà una cerimonia per il primo mese dalla sciagura. Il nome sarà fatto nelle prossime settimane e dovrebbe trattarsi del sindaco Marco Bucci che è espressione della stessa parte politica (Forza Italia-Lega) del commissario per l’emergenza, il presidente della regione Toti, e ha fin qui condiviso con lui tutte le mosse, compresa la convocazione di Autostrade al tavolo dell’associazione di imprese che avrebbe dovuto lavorare sul progetto di ponte di Renzo Piano.

Nel decreto non si parla della revoca della concessione ad Autostrade, il percorso «lo stiamo verificando» ha detto ieri Toninelli in audizione alla camera, ammettendo per la prima volta che si tratta di «un’operazione lunga e complessa». Non si parla naturalmente nemmeno di nazionalizzazione. Non sono indicate le risorse per la ricostruzione del ponte, rinviate a un successivo decreto: si tratterà di fondi pubblici, perché non c’è modo di ottenere il pagamento da Autostrade estromettendola anche dal ruolo di società appaltante. Viceversa la società dei Benetton potrebbe pagare la ricostruzione, e infatti nel decreto è lasciata aperta la porta alle risorse «messe a disposizione dal soggetto concessionario». Si tratterà di vedere come far rientrare questa formula nell’indicazione politica ripetuta ancora ieri dal ministro: «Autostrade non deve mettere nemmeno una mattonella nel nuovo ponte».

Quanto ai rischi che arrivi uno stop dall’Europa all’affidamento diretto alle società in house del ministero dell’economia, i problemi non sono risolti. Tant’è che Toninelli ha parlato di una «interlocuzione» ancora «in corso» a Bruxelles. Aggiungendo che l’eventuale procedura di infrazione sarà comunque «successiva al provvedimento del governo». Si vedrà.

Nel frattempo il decreto si occupa anche dei contributi agli sfollati dall’area del crollo e degli aiuti alle imprese della città. E soprattutto del versante nazionale delle infrastrutture, istituendo una nuova Agenzia per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali (Ansfisa) che assorbirà la direzione di vigilanza che è adesso nel Mit (e i suoi dirigenti attuali ed ex sono sotto inchiesta per il crollo). Dovrà vigilare sulle manutenzioni e ogni due anni aggiornare un piano nazionale per l’adeguamento e lo sviluppo della rete. Sarà finanziata dagli stessi controllati, mediante un prelievo sui pedaggi. Assorbirà anche l’agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria. Un altro segnale di integrazione tra rete stradale e ferroviaria che, assieme con la decisione di affidare i lavori del ponte autostradale a Italferr, stride con l’annuncio del ministro che si tornerà indietro dalla fusione tra Anas e Fs. Perché «non c’è alcuna sinergia»