Tra le vittime dell’ultimo naufragio avvenuto al largo delle coste tunisine ci sono una madre e due figli che stavano provando a raggiungere il loro marito e padre che lavora in Italia da diversi anni. Il dettaglio che aggiunge tragedia alla tragedia lo racconta Majdi Karbai, parlamentare tunisino del partito socialdemocratico Attayar.

«Hanno tentato di attraversare il mare perché le richieste di ricongiungimento familiare erano sempre fallite. Una volta il reddito dell’uomo era insufficiente, un’altra mancavano alcuni metri quadri alla casa in affitto», dice Karbai amareggiato. E aggiunge: «Non si può morire così, per dei cavilli burocratici. Non è possibile che una legge costringa le persone a rischiare la vita in questo modo. Ci sono responsabilità italiane e tunisine».

Il mare ha restituito i corpi della donna e del ragazzo più giovane, di appena 15 anni. Ancora nulla del più grande, 17enne. Già sabato scorso al largo delle coste nord-orientali della Tunisia erano iniziati ad apparire dei corpi, sintomo di un naufragio fino a quel momento rimasto invisibile. Il portavoce della protezione civile Moez Triaa aveva dato notizia di 17 cadaveri. Sono aumentati nelle ore successive, con alcuni corpi arrivati anche a riva. L’ultimo aggiornamento dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) parla di 25 vittime accertate. I morti, però, sono certamente di più.

Secondo le prime ricostruzioni della procura di Nabeul, città a pochi chilometri da Hammamet nella parte meridionale della penisola di Cap Bon, il barcone sarebbe partito il 4 marzo scorso da Mahdia con 59 persone a bordo. Tunisini e siriani.

Per Alarm Phone (Ap), poi, all’appello manca anche una seconda barca su cui viaggiavano 24 migranti provenienti dall’Africa subsahariana. «Da giorni riceviamo chiamate da parenti di persone disperse in mare. La nostra più grande paura è divenuta realtà: due imbarcazioni sono naufragate – ha scritto su Twitter Ap – Siamo sconvolte. Le nostre condoglianze alle famiglie e ai loro cari. Basta morti in mare!».

Dall’inizio dell’anno sono sbarcate in Italia 6.379 persone. In tutto il 2021 sono state 67.040. Poco più delle 61.493 arrivate dall’Ucraina nei primi 28 giorni del conflitto. Per il fronte sud, però, non si prevedono piani speciali. La crudele quotidianità continua a essere quella delle vite inghiottite dal mare.