Il giorno dopo aver smentito seccamente spaccature in seno all’Amministrazione Usa e dopo aver definito «disonesti» i media che riferivano invece di forti attriti esistenti, ad esempio sul dossier Afghanistan, tra il presidente e due dei suoi più stretti collaboratori, il vicepresidente Mike Pence e il consigliere per la Sicurezza nazionale John Bolton, Trump smentisce la smentita, quindi non si smentisce mai: «Ho informato John Bolton che i suoi servizi non sono più richiesti alla Casa Bianca. Sono stato in profondo disaccordo su molti dei suoi consigli, come anche altri nell’Amministrazione, e di conseguenza gli ho chiesto di presentare le dimissioni, che mi ha dato questa mattina». Seguono ringraziamenti di rito e l’annuncio che il nome del sostituto verrà svelato in capo a una settimana.

IL “FALCO” BOLTON era stato assunto alla Casa bianca nel marzo del 2018 soprattutto in virtù della sua intransigenza in merito all’uscita degli Usa dal trattato sul nucleare iraniano firmato da Obama. Il problema forse nasce dal fatto che il suo approccio “aggressivo” non si fermava alle porte di Teheran. Forse avrebbe volentieri bombardato la Corea del Nord, mentre Trump si scambiava cortesie con Kim Jong-un. E la prospettiva che i Talebani sbarcassero un giorno di questi a Camp David deve avergli tolto il sonno.

DOPO CHE SI È DIFFUSA la notizia delle dimissioni ci ha tenuto a far sapere che era stato lui a maturare la decisione e non il presidente a chiedergliele, aggiungendo che era pronto a dimettersi già nella serata di lunedì ma Trump gli avrebbe detto che era meglio riparlarne il giorno successivo. Cioè ieri, quando invece è partito uno dei classici dell’amministrazione Trump, il tweet di licenziamento. L’ormai ex consigliere solo due ore prima era alla Casa bianca per un vertice con il Segretario di stato Mike Pompeo e quello del Tesoro, Steven Mnuchin, apparentemente ignaro di quanto stava per accadere.

Già attivo in vari ruoli nelle amministrazioni di Ronald Reagan e Bush padre, da sottosegretario di Stato per il controllo delle armi e la sicurezza internazionale John Bolton ha spinto costantemente a favore della guerra all’Iraq e per rovesciare con la forza i governi di Siria, Libia e Iran; da ambasciatore all’Onu ha ripetutamente minacciato il taglio dei fondi Usa per orientare le decisioni del Consiglio di sicurezza, oltre a osteggiare la nascita della Corte penale internazionale e la moratoria universale sulla pena di morte.

TRA I REPUBBLICANI prevale l’approvazione per la scelta di Trump, considerando i limiti evidenti dell’ossessione di Bolton per la pratica del regime change e l’aumento esponenziale del rischio di un conflitto globale con il suo arrivo alla Casa bianca. Nessuno sembra rimpiangerlo più di tanto, a parte Mitt Romney che lo ha avuto come consulente per le questioni internazionali quando era candidato alla Casa bianca e che ha parlato di una «enorme perdita per la Casa bianca e per il paese».