È normale che in un governo allo sbando il ministro dell’economia Giovanni Tria smentisca l’esistenza del «miliardo» di euro «risparmiato» dal sussidio impropriamente detto «reddito di cittadinanza» da destinare alle «famiglie». Lo stesso che per il presidente «designato» dell’Inps Pasquale Tridico, il vicepremier doppio ministro Luigi Di Maio e il coro dei Cinque Stelle invece esiste. In una trasmissione Tv del mattino un insolito ciarliero Tria ha smontato una delle promesse elettorali per le europee di domenica richiamando una legge contabile: «Non sappiamo cosa sia questo miliardo. Se si spenderà meno di quanto preventivato si saprà a fine anno e non adesso – ha detto- È inoltre chiaro che queste spese non possono essere portate all’anno successivo».

«Le coperture ci sono – ha risposto Di Maio – Per me quando si decide dove destinare i soldi è la politica che lo decide non i tecnici». «Tria dia soluzioni e non ostacoli» ha aggiunto il sottosegretario M5s agli Affari Esteri, Manlio Di Stefano. Ai «gialli» del governo non è piaciuta l’incursione di Tria perché ha tolto dal giro di poker con i «verdi» della Lega il bluff. Quello che risponde all’altro bluff sul «Dl Sicurezza bis» di Salvini. Di Maio ha esposto il modo in cui intende investire il denaro «risparmiato», in realtà frutto di un errore di valutazione sulla platea potenziale dei destinatari del «reddito». «Lo vogliamo investire grazie al fondo che ogni 4 mesi raccoglie gli avanzi non utilizzati per la misura di sostegno» ha detto. E, in più ha annunciato un decreto ministeriale «che sarà scritto con le famiglie». Sempre che i «tecnici» di via XX settembre non blocchino questa annunciata consultazione con le organizzazioni che premono per ottenere il «miliardo».

La settimana scorsa i Cinque Stelle hanno accusato il ministro per la «famiglia» Fontana di sabotare il «loro» decreto per l’estensione e il rafforzamento del «bonus bebé». Ieri l’emendamento al «dl crescita» alla Camera – il provvedimento approvato un paio di volte dal consiglio dei ministri . è stato dichiarato «inammissibile». In compenso è restato l’altro emendamento del Carroccio che chiede detrazioni fiscali per l’acquisto di latte e pannolini. I leghisti hanno presentato ricorso e ieri speravano nella riammissione. Di Maio ha concluso che «le famiglie non sono un argomento elettorale». Il «decreto famiglia non è da approvare prima del voto».

Tria ha definito gli 80 euro di Renzi ««un provvedimento fatto male». Per istituire la «flat tax» saranno «riassorbiti». E poi ha ribadito l’avvertimento alla Lega: la flat tax «non potrà essere fatta tutta insieme» e per la quale «evidentemente si deve contenere la spesa». Il 27 maggio non sarà un nuovo inizio, ma la continuazione dell’agonia.