Ogni giorno 2,4 milioni di italiani prendono il treno. È un dato ancora inferiore rispetto al periodo pre Covid-19, ma racconta lo spaccato di studenti e lavoratori che si muovono quotidianamente. Lo fanno, il larghissima maggioranza, usando i treni regionali, che sono sempre meno. Come evidenzia Legambiente nel Rapporto «Pendolaria» 2024, presentato ieri, il numero dei regionali in servizio nel 2022 è di 2.674, un centinaio in meno rispetto al 2021.

ANCHE L’ETÀ MEDIA dei treni circolanti torna a salire, seppur di poco, con 15,8 anni, anche se negli anni precedenti alla pandemia alcuni investimenti legati al rinnovamento del parco rotabile c’era stato, dato che nel 2016 la media era di 18,6 anni. Emergono, però, disuguaglianze territoriali: al Sud i treni sono più vecchi, con un’età media dei convogli di 18,1 anni, in calo rispetto al 2021 (18,5) ma molto più elevata dei 14,6 anni del nord. Molise e Calabria sono le cenerentole, con quasi tutti i treni più vecchi di 15 anni. E poi nel Lazio c’è il record di Cotral: i treni delle ferrovie gestite dalla società in house della regione Lazio hanno una media di 32,5 anni di età, più vecchi cioè di buona parte dei suoi utenti. Va poco meglio in Sardegna, dove l’età media dei treni Arst sulle storiche linee a scartamento ridotto si attesta a circa 28 anni.

LEGAMBIENTE elenca anche i «treni neri», cioè le dodici linee ferroviarie peggiori del Paese. Molte sono concentrare al Sud, tra conferme e nuovi ingressi: sono le ex linee Circumvesuviane (142 km, ripartiti su 6 linee e 96 stazioni, che si sviluppano intorno al Vesuvio, sia lungo la direttrice costiera verso Sorrento, sia sul versante interno alle pendici del Monte Somma, fino a raggiungere Nola, Baiano e l’Agro nocerino sarnese), la linea Catania-Caltagirone-Gela e, new entry, la linea Jonica che collega Taranto e Reggio Calabria e quella adriatica nel tratto pugliese Barletta-Trani-Bari. Ci sono poi la Roma-Lido, la Roma Nord, la Milano-Mortara, la Genova-Acqui-Asti (che vede ancora 46 km di binario unico sui 63 totali), la Verona-Rovigo e la novità della Ravenna-Bologna, la Pinerolo-Torino (che in Piemonte ha molti utenti) e il suo proseguimento Pinerolo-Torre Pellice, che avrebbe dovuto essere riaperta con nuovo contratto di servizio del 2019 ma è ancora ferma al palo.

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ALTRA NOTA DOLENTE riguarda le linee ferrovie chiuse e sospese ormai da anni: come quella della Palermo-Trapani via Milo (chiusa dal 2013 a causa di alcuni smottamenti di terreno), della Caltagirone-Gela (chiusa a causa del crollo del Ponte Carbone nel 2011) o quelle delle linee a scartamento ridotto che da Gioia Tauro portano a Palmi e a Cinquefrondi in Calabria, il cui servizio è sospeso da 11 anni e dove non c’è alcun progetto concreto di riattivazione.

LA SICILIA, dove ci sono 1.267 chilometri di linee a binario unico, l’85% del totale, mentre non sono elettrificati 689 chilometri, pari al 46,2% del totale, e la Calabria sono al centro dell’attenzione di Legambiente, con un messaggio diretto al governo e in particolare al ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini: «Bisogna – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – invertire la rotta e puntare su importanti investimenti per il nostro Paese, a partire dal Sud, finanziando le prioritarie infrastrutture: ossia nuove linee ferroviarie a doppio binario ed elettrificate, treni moderni, veloci, interconnessioni tra i vari mezzi di trasporto e con la mobilità dolce, garantendo accessibilità e uno spostamento dignitoso e civile.

Il governo Meloni non rincorra inutili opere come il Ponte sullo Stretto di Messina, ma pensi ai reali problemi di mobilità del Sud Italia e dell’intero Paese. Oggi la vera sfida da realizzare al 2030 è quella di un cambiamento profondo della mobilità nella direzione della decarbonizzazione e del recupero di ritardi e disuguaglianze territoriali».

SECONDO LE STIME dell’associazione, se davvero l’Italia vuole rispettare gli obiettivi del Green Deal europeo, cioè un taglio delle emissioni del 55% entro il 2030 e al loro azzeramento entro il 2050, sarà necessario fino al 2030 prevedere nuovi finanziamenti pari a 500 milioni l’anno per rafforzare il servizio ferroviario regionale con acquisto e revamping dei treni.