A repliche terminate, e successo trionfale, si spera possa tornare sul palcoscenico del Teatro dell’Opera (coproduttore assieme al Real di Madrid e alla londinese Royal Opera) Billy Budd, opera poco nota in Italia e mai data a Roma, che Benjamin Britten compose nel 1951 sul libretto che E M Forster e Eric Crozier trassero dal classico racconto di Herman Melville. Il marinaio del titolo, nel libro combatteva a bordo della Indomitable contro la furia della rivoluzione francese appena avvenuta. Qui a prendere  fuoco è l’amore tutto maschile (non ci sono personaggi femminili, come nave da guerra voleva) in un infelice triangolo che oltre che dal pregiudizio è armato da perbenismo, falsità e carriere. È una regista abituata a Shakespeare, Deborah Warner, a caricare il fuoco di quelle passioni e di quelle armi in uno spettacolo tanto visionario quanto «realistico»: un movimento avvolgente di corde, vele, ponti e passioni che lasciano senza respiro, lo spettatore come i personaggi. La sua regia ha vinto l’oscar per la lirica a pieno merito, James Conlon e i suoi cantanti ci scoprono di Britten la carnalissima spiritualità