«È questo territorio moralmente instabile ad avermi colpito nella sceneggiatura di Samy Burch» afferma Todd Haynes nell’incontro, su Zoom, con la stampa italiana. Insieme al regista statunitense Natalie Portman, star (e produttrice) del film May December.

Dopo essere stato presentato in concorso a Cannes, arriverà nelle nostre sale il prossimo 21 marzo – si sarà già scoperto se la sceneggiatura avrà vinto o meno la statuetta dell’Oscar a cui è candidata.

LA «QUESTIONE MORALE» sollevata dal film è ispirata a una storia vera: quella dell’insegnante Mary Kay Letourneau, che iniziò una relazione con uno studente appena dodicenne. La donna diede alla luce, in carcere, il figlio dei due, e la storia d’amore andò avanti per oltre due decenni.

In May December è Gracie (Julianne Moore), 36 anni, ad essersi legata al giovanissimo Joe (Charles Melton) e ad aver affrontato la galera.

Molto tempo dopo, è in produzione un film – indipendente, come quelli di Todd Haynes – che racconterà la loro storia. Elizabeth (Natalie Portman) è l’attrice protagonista, che decide di andare a conoscere da vicino Gracie e Joe, per entrare meglio nel personaggio.

«Il mio approccio al ruolo però è del tutto diverso – afferma Portman – certo che Elizabeth come attrice corre due rischi, che appartengono anche ai giornalisti, ovvero quello di interferire con la storia che si sta raccontando e di ferire le persone che si sta cercando di rappresentare».

La redazione consiglia:
Natalie Portman, scioccata da uccisioni a Gaza non ritira il Nobel ebraico

Oltre ad essere un film sul relativismo, sul rispecchiamento e sul senso della morale, May December è anche un film sul realizzare film, come spiega Todd Haynes: «È un lavoro che racconta come vengono raccontate le storie, e come servano a sopravvive ai momenti difficili. Gracie aveva creato una narrazione per mantenere in vita la sua famiglia. E come questa viene poi guidata è qualcosa di estremamente umano, che mostra come certe storie vengono create per nasconderne altre. Che ciò che stiamo raccontando riveli la verità è qualcosa che mettiamo costantemente in dubbio in tutto il film».

Sottigliezze che, saltando dal proprio lavoro alla situazione politica negli Usa, il regista non riscontra intorno a sé. «Vorrei che la politica americana fosse altrettanto ambigua, purtroppo non lo è per niente! Stiamo assistendo agli ultimi tentativi di un fragile sistema democratico di mantenere la sua autorità, ma è tristemente fin troppo chiaro chi è dalla parte giusta di questa lotta, e anche come il mondo sia prigioniero di quello che sta accadendo negli Usa».

Natalie Portman, dal canto suo, lega in maniera piuttosto diretta il mestiere di attrice con le battaglie per i diritti. «Interpretare un personaggio per me è un’esplorazione dell’empatia, è entrare nel cuore di una persona. Lottare per delle cause significa un po’ lo stesso: avere interesse nei confronti degli altri. Personalmente sono molto sensibile alla questione dei diritti delle donne e della necessità dell’uguaglianza, due autrici che mi hanno molto influenzata sono Elena Ferrante e Natalia Ginzburg».

L’attrice ha poi le idee piuttosto chiare su dove il cinema stia andando. «La mia non è una preoccupazione, né un giudizio, piuttosto un’osservazione: il cinema sta perdendo il suo ruolo centrale come forma di intrattenimento popolare. In passato è già accaduto con l’opera, ad esempio. Queste forme d’arte non scompaiono ma c’è uno spostamento, soprattutto in termini di quale tipo di pubblico ne è attratto. Come artisti dobbiamo rispettare questo cambiamento e affrontarlo. Le ragioni per cui fare film per me sono sempre le stesse, con la stessa passione».

La redazione consiglia:
Todd Haynes, l’esplosione del desiderio

HAYNES E PORTMAN hanno poi parlato della loro collaborazione, lungamente ricercata nel corso degli anni. «Gli ho mandato copioni e progetti per una vita, finalmente siamo riusciti a lavorare insieme. Abbiamo girato il film in 23 giorni, con un budget molto basso. Ma con Todd e la sua visione eravamo tranquilli, ci sembrava di avere tutto il tempo del mondo» ha affermato Portman.

Un film poco incline al bianco o al nero, che abbraccia la complessità delle emozioni, è appetibile per un pubblico contemporaneo? «Non ci siamo posti il problema, abbiamo accettato la sfida di realizzare un film che piacesse a noi e che ci stimolasse creativamente. I risultati comunque dicono di sì» conclude il regista.