La trattativa sulle pensioni assomiglia sempre di più ad un dialogo fra sordi. Da una parte i sindacati che chiedono di modificare il meccanismo sull’aspettativa di vita, dall’altra il governo che ha sottovalutato per mesi il problema e ora si trova nel vicolo cieco di dover fronteggiare la volontà di tutte le forze politiche – Pd compreso – di congelare l’innalzamento di 5 mesi fino a giugno potendo offrire in cambio solo piccoli correttivi come la proposta di martedì sera che estende la platea degli esentati solo al 10 per cento dei pensionandi nel 2019.
E così si va verso la chiusura della trattativa – fissata per lunedì – con la quasi certezza di un mancato accordo. «Se non ci saranno risposte alle richieste del sindacato decideremo quale forma di mobilitazione mettere in atto», ha dichiarato ieri Susanna Camusso. E sulla stessa linea c’è Carmelo Barbagallo della Uil: «In Germania andranno in pensione a 67 anni nel 2030 mentre noi siamo costretti a fare i conti con questa inaccettabile, insostenibile e ingiusta sovrapposizione tra la legge Fornero e il meccanismo dell’aspettativa di vita. Oggi al Paese non servirebbe un sindacato che scende in piazza, non vogliamo creare problemi alla già lenta ripresa economica: se ne rendano conto e non ci costringano a questo passo», spiega.
La situazione è ben illustrata dal segretario generale della Cgil. «Non si può semplicemente agire per deroghe – ha spiegato Camusso – la prima risposta del Governo che continua a mancare è sul meccanismo. Poi, ci sono temi di prospettiva come le pensioni dei giovani e delle donne». Sui lavori gravosi per i quali il governo non prevede di alzare l’età pensionabile dal 2019, «il meccanismo è copiato dall’Ape sociale che abbiamo già verificato che non funziona». Di ieri infatti la notizia che anche le domande dei lavoratori precoci – quelli che hanno cominciato prima dei 18 anni – sono state accolte solo per un terzo dall’Inps.
Sull’idea di una commissione scientifica che possa determinare l’aspettativa di vita per ciascuna delle categorie di lavoratori che svolgono attività faticose, Camusso ha spiegato che «è un tema che abbiamo posto da tempo. Boeri si è svegliato buon ultimo. Se invece di dedicarsi a boicottare gli strumenti l’istituto si fosse dedicato a farli funzionare sulla ricerca sugli usuranti saremmo più avanti», ha polemizzato col presidente dell’Inps.
Più dialogante la Cisl. «Continueremo a battarci per allargare la platea e i criteri richiesti», spiega Gigi Petteni, segretario confederale che sta seguendo il tavolo. «Poi lunedì saranno i segretari generali a decidere se quanto abbiamo ottenuto sarà sufficiente», confida.
A cercare di smorzare il pessimismo imperante prova Giuliano Poletti. Il ministro del Lavoro ieri ha parlato di «passi avanti fatti» e di «possibilità di una soluzione». Ma paiono parole di prammatica.
Oggi è previsto un altro tavolo a palazzo Chigi ancora in sede tecnica con la previdenza complementare all’ordine del giorno. Ma non è quello il tema che può postare la bilancia del negoziato