«Siamo colpevoli di batterci contro un immane spreco di risorse. Ecco la nostra colpa. Per questo ci arrestano», racconta Lele Rizzo, una delle voci più ascoltate del movimento valsusino. «Torniamo in piazza per dimostrare come ogni euro speso per la Torino-Lione sia rubato a tutti noi, a qualcosa di utile, si tratti di una scuola in Abruzzo o di un ospedale in Piemonte».

Alle 14, oggi sabato 21, i No Tav torneranno a invadere le vie di Torino, da piazza Statuto a piazza Castello. Arriveranno pullman, oltre che dalla Valle, anche da Milano, Alessandria, Brescia, Bologna, Genova e Firenze. Sfileranno, con la fascia tricolore, i sindaci ribelli guidati da Sandro Plano, che chiedono un incontro al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

Intanto, il fronte Sì Tav si fa forte dell’approvazione da parte del Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) al progetto definitivo della tratta italiana della sezione transfrontaliera della Torino-Lione, avvenuta durante una riunione presieduta dal premier Matteo Renzi, non a caso proprio alla vigilia della manifestazione. Esulta il ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi. E, così, anche Mario Virano, presidente dell’Osservatorio sulla Torino-Lione e della commissione intergovernativa, che sottolinea: «Andiamo a Bruxelles con tutte le carte in regola per ottenere la quota del 40% del finanziamento comunitario». Un’approvazione, quella del Cipe, considerata, invece, illegittima dai No Tav perché tempi e costi dell’opera non sono definiti. Martedì prossimo nel summit intergovernativo di Parigi dovrebbe essere firmato il protocollo addizionale all’accordo del 2012.

Le sirene della propaganda si scontrano, però, con gli ormai conclamati dubbi europei e con alcune dichiarazioni significative di Hubert du Mesnil, presidente di Ltf (Lyon Turin Ferroviarie), apparse recentemente su «Le Monde», a proposito degli attesi finanziamenti europei. «È poco probabile che l’Europa dica “mai” al progetto, ma potrà esserci una revisione al ribasso con un finanziamento soltanto al 20%; o che rinvii il progetto a tempi migliori». La sua è una voce pesante, essendo il massimo rappresentate della società promotrice della tratta italo-francese, compartecipata da Rfi e dall’omologa transaplina Rff. Du Mesnil mette le mani avanti e prende in considerazione il possibile taglio di fondi. In tal caso, le prospettive non sarebbero rosee. Il quotidiano francese afferma, infatti, che una cosa è certa: se non la finanzia l’Europa, la linea non si farà.

La questione Tav con una corretta informazione della popolazione «avrebbe avuto – secondo Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità anticorruzione – molte meno problematicità di quante ne ha create». Ha detto in audizione in commissione Lavori pubblici al Senato. Un reale dibattito è stato negato alla Val di Susa. In barba alla convenzione di Aarhus, il trattato internazionale – adottato dall’Italia nel 2001 – volto a garantire all’opinione pubblica e ai cittadini il diritto alla trasparenza e alla partecipazione in materia ai processi decisionali concernenti l’ambiente.

Sul fronte giudiziario, ieri, diciannove No Tav sono stati condannati a pene tra i cinque e gli otto mesi nel processo per l’irruzione, il 24 agosto 2012, alla Geostudio di Torino, impegnata nella progettazione dell’opera. I reati contestati sono violazione di domicilio, violenza privata, danneggiamento, minacce, accesso abusivo a sistema informatico e resistenza a pubblico ufficiale. Sono solo una parte delle tante condanne ricevute dal movimento negli ultimi anni. «Non saranno le sentenze di Tribunale – scrive notav.info – a cancellare o intimidire la nostra storia ventennale di resistenza e dignità. La sentenza è una ragione in più per essere in piazza a Torino».