La realtà a Taranto, la fiction in parlamento. Nelle stesse ore in cui gli imprenditori dell’indotto ex Ilva hanno occupato il ponte girevole della città dei due mari, in Senato Lucia Morselli dava un altro saggio delle sue qualità istrioniche che le hanno permesso una lunga carriera coronata da un incredibile cambio cordata e l’arrivo a Mittal.

L’INFINITÀ VERTENZA dell’ex Ilva continua a trascinarsi, sebbene la recita di Morselli, compreso cerotto sotto l’occhio sinistro, sia sembrata un disperato tentativo di chi sta per essere portata – finalmente – fuori scena.

Il subbuglio a Taranto – oltre agli imprenditori dell’indotto ieri è tornata forte a farsi sentire la voce della parte di cittadini (illusti e meno) di chiudere l’acciaieria – non ha smosso l’amministratrice delegata di Acciaierie d’Italia che ha confermato l’appellativo di comprovata «tagliatrice di teste» come già a Berco e alle acciaierie di Terni esordendo nell’audizione in commissione sul decreto ricordando come l’azienda abbia «un enorme eccesso di personale»: «10 mila persone con sole 3 milioni di tonnellate di produzione annua».

L’ORA DI AUDIZIONE, arrivata dopo mesi di melina per non rispondere alle domande, è stata tutta una lamentela nei confronti del mondo intero. Per dimostrare la buona fede di chi le paga un lauto stipendio – i franco indiani di Arcelor Mittal che l’hanno chiamata con lo scopo dichiarato di non investire più un euro di tasca loro – Morselli ha sostenuto come la colpa della dismissione in atto sia tutta del socio pubblico Invitalia e della mancanza di credito. «Servono i danè», è stato l’apice di una tiritera continua sui problemi finanziari – «da settembre diciamo che servono 320 milioni per andare avanti» e sul futuro: «Il 31 maggio scade il contratto di affitto dell’acciaieria, per acquisirla serve un miliardo: senza ci sarà la liquidazione dell’azienda», è la minaccia.

E QUANDO I SENATORI le hanno fatto presente che il governo ha stanziato 680 milioni lo scorso anno, Morselli ha rasentato il ridicolo sostenendo che «sono andati a Eni e Snam» per il caro energia, «ne saranno rimasti 100 milioni per noi».

Stessa figuraccia quando ha dovuto spiegare l’accordo segreto sottoscritto dal ministro Fitto con Mittal a settembre: «È stato solo un prologo del piano industriale poi approvato da entrambi i soci», non mancando però di minacciare i commissari dell’amministrazione straordinaria attuale: «Li abbiamo citati per 1 miliardo e 150 milioni in vari giudizi, qualcosa arriverà».

IL TENTATIVO DISPERATO di Morselli è quello di convincere i senatori a modificare il decreto che prevede la nuova amministrazione straordinaria pur di liberarsi di lei e di Mittal: «Noi abbiamo proposto la “composizione negoziata” che è la forma più leggera prevista dal Codice delle crisi di impresa, so che i soci continuano a confrontarsi ma non hanno ancora trovato l’accordo», candidandosi a proseguire il suo lavoro sostenendo che la «azienda è incredibilmente ancora viva, produce» e ha «solo 700 milioni di debiti, non i 3,1 miliardi citati dalla stampa che non sa leggere i bilanci».

ANCHE SULL’INDOTTO che protesta Morselli prova a fare l’incantatrice di serpenti: «A Sace abbiamo fornito l’elenco fornitori con le prime 78 aziende interessate alla copertura Sace (finora boicottata dall’azienda, ndr) che sono stati contattate, il debito dell’indotto è di 72 milioni». Per gli imprenditori della Aigi sono il doppio – 140 milioni – e per questo ieri occupato il ponte girevole di Taranto con ripercussioni sul traffico in centro.

Il destino di Morselli sembra però segnato. Ancora ieri il ministro Urso ha ribadito la necessità «di cambiare rotta ed equipaggio» dal momento che «il principale azionista, cioè Arcelor Mittal, non ha alcuna intenzione di mettere risorse».

L’audizione ha provocato sorattutto rabbia. Come quella espressa dal segretario Uilm Rocco Palombella, che da Morselli è stato anche denunciato per diffamazione, subito bloccata dal giudice come inesistente: «È stata raccontata ancora una realtà completamente diversa da quella che vivono ogni giorno i lavoratori, non abbiamo ascoltato nessuna assunzione di responsabilità per il tracollo produttivo e le migliaia di lavoratori da anni in cassa integrazione. Anzi – prosegue Palombella – secondo Morselli ci sono migliaia di esuberi e i lavoratori devono addirittura ringraziarla per aver ricevuto anche questo mese lo stipendio».

INTANTO, DOPO LA SECONDA minaccia di autoconvocazione a palazzo Chigi, ieri i sindacati hanno portato a casa una nuova convocazione. «Lunedì dal governo vogliamo finalmente risposte definitive su l’addio a Mittal», chiude Palombella. «Nessuno pensi di scaricare sui lavoratori le responsabilità e i danni causati dalla malagestione dell’azienda», attacca la Fiom.