«Pisapia secondo me è molto vicino a mollare, perché è molto disamorato». La trasmissione è satirica, Un giorno da pecora (Radio Due), il tono è scherzoso, ma la battuta – che battuta davvero non è – mette di pessimo umore tutta la galassia sballottata di Campo progressista. Anche perché a pronunciarla è l’ex dc Bruno Tabacci, oggi deputato di Centro democratico, che ostenta un rapporto di grande amicizia con l’ex sindaco di Milano (di cui è stato assessore) e che per di più in questi mesi si è mosso in Transatlantico da suo portavoce ufficioso, in tandem con un altro ex dc, Angelo Sansa. Non senza per questo provocare malumori e contestazioni dall’ala sinistra di Campo progressista.

Alla radio Tabacci spiega che Pisapia «immaginava che si potesse ripetere l’esperienza di Milano ma qui è un guazzabuglio, mettere insieme quelli che non vogliono stare insieme è difficile». La corsa non è chiusa «ma le cose sono oggettivamente molto complicate. Aspettiamo comunque le regionali in Sicilia, perché quel risultato darà un segnale: se si vuole andare avanti su questa strada si va un baratro, bisogna cambiare radicalmente l’impostazione».

Da Milano, dal quartier generale arancione, corrono ai ripari: «È un pensiero di Tabacci, non di Giuliano è vero che abbiamo lavorato su un altro schema, ma non abbiamo rinunciato a provarci». Almeno per ora.

Il guaio è che le riflessioni di Tabacci sono molto realistiche. Dopo la rottura con Bersani e D’Alema, tutto è finito in un pantano. La ’cosa’ di sinistra (mai chiamarla Cosa rossa’, ma la cosa ancora nome non ha) si è incartata in un delicato lavorìo di composizione il cui esito è meno scontato di come appariva all’inizio. D’altro canto le comunicazioni fra Pisapia e Mdp si sono cautamente riaperte. Ma tutto è sospeso in attesa del voto siciliano. Per l’ala più a sinistra dello schieramento un buon piazzamento di Claudio Fava farebbe da trampolino al cosiddetto ’quarto polo . Per l’ala arancione il punto di vista è opposto: la vittoria della destra potrebbe portare qualche ripensamento nel Pd.

In ogni caso Pisapia non avrebbe gettato la spugna. Il portavoce di Campo progressista Alessandro Cappelli giura: «L’impegno di Cp, e quindi anche di Pisapia, nel progetto di un centrosinistra di governo radicalmente innovativo, ampio e inclusivo, prosegue. Non possiamo fermarci adesso».

L’ex sindaco però non parla direttamente. Quindi nemmeno smentisce l’amico Tabacci, anche se qualche settimana fa gli ha affettuosamente (quanto inutilmente)  chiesto di parlare meno con i giornalisti.
Ma il silenzio, se non è un assenso, almeno non è  un segnale rassicurante  per i suoi. A chi lo incontra in queste ore  spiega di essere impegnato in una fase di ascolto delle sue Officine, di accademici, di associazioni e amministratori. Quella che lui considera la sua rete. Lunedì a Milano riunirà i suoi. Per l’11 novembre resta convocata l’assemblea nazionale. Per il successivo 19 era annunciata l’assemblea di Art.1, ma ancora non c’è  conferma ufficiale.

«Campo Progressista è in campo», assicura Massimiliano Smeriglio, vicepresidente della regione Lazio, «e a casa nostra ognuno parla con la propria voce, non fa il ventriloquo. La prospettiva in cui ci continuiamo a muovere è quella di un profilo di unità e coalizione del centrosinistra ma senza liste civetta, né nicchie della sinistra minoritaria. Siamo nella terra di mezzo fra le opposte rigidità, quelle del Pd da una parte e dall’altra quelle della sinistra che dice di voler correre per fare un danno al Pd». Almeno fino al voto siciliano, nell’ipotesi ottimistica che il risultato sia davvero in grado di dare a tutti una smossa.