«Set» è la rete delle città dell’Europa meridionale contro la «turistificazione», un coordinamento leggero di comitati nati in Spagna e diffusi in Portogallo. In Italia la rete è attiva a Firenze, Venezia, Napoli, Palermo, Bologna, Genova, Roma, Rimini e Bergamo. Composta prevalentemente da ricercatori, attivisti e cittadini, le attività di Set si sono intrecciate negli ultimi mesi con i movimenti per il diritto all’abitare, quelli contro le grandi opere e per la giustizia ambientale, gli osservatori civici. Oltre ai cortei e ai flash-mob questo movimento usa l’inchiesta per dimostrare il violento impatto della turistificazione sulle città.

INCHIESTA come pratica militante è (ri)nata grazie al sito Insideairbnb fondato dal giornalista australiano Murray Cox a New York (intervistato da Sarah Gainsforth su Il Manifesto-Alias, 14 aprile 2018). Elabora e diffonde in tutto il mondo i dati sconosciuti alle amministrazioni che dovrebbero regolamentare Airbnb, potente piattaforma digitale che ha accelerato la trasformazione delle città in parco a tema per i turisti. «Cox ha realizzato un’impresa inimmaginabile per un individuo – afferma Alice Corona, collaboratrice del sito e ricercatrice dell’osservatorio civico sulla casa e la residenzialità di Venezia (Ocio) – Senza di lui non potremmo fare questo discorso sulla città, se non per sentito dire o percezioni. A Venezia siamo fortunati perché il comune ha una piattaforma dove pubblica i dati sull’affittanza turistica e noi li incrociamo. Altrove questo lavoro non esiste. Per questo Insideairbnb è fondamentale». Con gli altri movimenti «cerchiamo di tessere legami in base più che costruire strutture formalizzate – aggiunge Corona – Con l’associazione per i diritti degli occupanti abbiamo fatto una mappatura vuote delle case dell’edilizia residenziale pubblica (Erp)». Il rifinanziamento dell’Erp può essere un argine contro la monocoltura turistica, come l’edilizia convenzionata che, fino ad oggi, ha fallito, ma può essere uno strumento valido per affrontare la crisi di quella zona grigia tra ceto medio e ceti popolari che non riescono ad accedere a una casa.

A VENEZIA l’inchiesta è usata come uno strumento di conoscenza e aggregazione sociale e politica. «Abbiamo organizzato la C.u.r.a, sono camminate urbane per la riappropriazione dell’abitare per restituire alla cittadinanza la conoscenza dei dati – prosegue Corona – La prima alla Giudecca a maggio 2019, la seconda a Castello a ottobre. Sono camminate a tappe nei luoghi della vergogna. L’ex Scalera, progetto di edilizia convenzionata affidata a Caltagirone poi fallito. Lo Jugans, case vendute a prezzo calmierato finite nel mercato delle locazioni turistiche. Lavoriamo con chi è del luogo, raccontiamo i grandi scandali e denunciamo i problemi».

CAMMINARE nella città significa anche incontrare gli altri movimenti per il diritto all’abitare, ad esempio. “Cerchiamo di tessere legami in base più che costruire strutture formalizzate – aggiunge Corona – Con l’associazione per i diritti degli occupanti abbiamo fatto una mappatura vuote delle case dell’edilizia residenziale pubblica (Erp)”. Il rifinanziamento dell’Erp può essere un’argine contro la monocoltura turistica, come l’edilizia convenzionata che, fino ad ora, ha fallito, ma può essere uno strumento valido per affrontare la crisi di quella zona grigia tra ceto medio e ceti popolari che non riescono ad accedere a una casa.

«CON LE INCHIESTE “Venezia in affitto” – afferma Giacomo Salerno della Rete Set di Venezia – vogliamo smontare la retorica secondo la quale Airbnb è fatta da piccoli proprietari che arrotondano. Ci sono invece grandi gruppi che usano le piattaforme digitali per immettere il settore immobiliare abitativo nell’industria turistica precluso fino a pochi anni fa». È stata così ribaltata la narrazione per cui Airbnb è usato dalle giovani coppie per pagarsi il mutuo o dalle famiglie che vivono a grazie alla locazione turistica della seconda casa. A Venezia il 26% dei 5 mila «host» gestisce più dei due terzi degli 8 mila annunci. Un terzo dei ricavi dagli affitti brevi è gestito dal 5% degli host, per lo più agenzie specializzate. Di fatto in Laguna, e in terraferma, esiste un albergo diffuso che aggira il cambio di destinazione d’uso che regola le attività alberghiere e impedisce di sopravvivere a chi fa questa attività in maniera artigianale.

«QUELLO TURISTICO è un modello di sviluppo totalitario perché espelle tutto ciò che è diverso da sé e usa ogni forma di vita come elemento funzionale alla fabbrica turistica postfordista – aggiunge Salerno – Serve una legge nazionale che permetta di uscire dalla giungla delle normative locali e nazionali e aggredire questo economia estrattiva che sfugge a una legislazione ferma al secolo scorso. Anche volendo, e spesso non lo vogliono, molte amministrazioni oggi si ritrovano con le armi spuntate rispetto a Airbnb».

NELL’INCHIESTA «A chi fa gola Firenze» è emerso che Airbnb è un volano di un processo maturo che ha trasformato l’urbanistica e la popolazione residente. Intere parti del capoluogo toscano sono state trasformate in cittadelle del lusso ad uso di una «classe internazionale del lusso», non solo del turismo digitale di massa. Il motore di questo meccanismo è alimentato da società multinazionali, holding finanziarie e immobiliari come i cinesi della Ldc, gli americani della Colony Capital, il fondo sovrano del Qatar o la Cassa Depositi e Prestiti. L’assenza di una politica pubblica urbanistica ha consegnato le chiavi della città alle scorrerie del capitalismo finanziario e immobiliare, com’è accaduto nei casi dell’ex ospedale militare, della manifattura tabacchi o dell’ex teatro comunale, ad esempio.

«L’IMPATTO di Airbnb è stato devastante – sostiene Antonio Fiorentino, architetto del gruppo urbanistico di perUnaltracittà di Firenze e aderente alla rete Set – Più del 60% dei 12 mila annunci, di cui 8 mila solo nel centro storico, sono pubblicati da multihost, grandi agenzie e proprietà immobiliari». La geografia e la composizione sociale della città sono state trasfigurate. «Ormai il centro storico è saturo, i residenti sono stati espulsi – racconta Fiorentino – Oggi il fenomeno dilaga nelle periferie seguendo le linee della tranvia. Gli annunci di Airbnb si diffondono in modo tentacolare seguendo queste linee. I residenti cercano casa nei comuni limitrofi dove aumenta la pressione demografica e immobiliare. Esiste una rendita che aumenta a dismisura e a ondate si propaga nell’area metropolitana».

LE GRANDI INFRASTRUTTURE che producono un impatto devastante sulla città sono un altro effetto della turistificazione. Come il doppio tunnel del Tav che dovrebbe passare sotto la città dove è prevista una stazione sotterranea dalle dimensioni gigantesche, con prevedibili sprechi di risorse e distruzioni ambientali. «Sono le conseguenze dell’overtourism – aggiunge Fiorentino – L’ingordigia di speculatori e amministratori non ha limiti: a Firenze c’è il progetto di togliere il vecchio aeroporto e creare uno intercontinentale a ridosso della città sovrapponendosi al parco agricolo della piana. Le regione ha acconsentito alla realizzazione dell’aeroporto. C’è l’opposizione durissima dei cittadini della piana metropolitana e per fortuna il Tar lo ha bloccato. Siamo in attesa che sia promulgata la sentenza del Consiglio di stato che potrà mettere fine a questo progetto folle, oppure riaprire i termini».

L’ARTICOLO 19 del regolamento urbanistico di Firenze che ha favorito il dilagare delle piattaforme digitali e dell’offerta non alberghiera può essere immediatamente modificato. «C’è un equivoco quando il sindaco Nardella parla di ritorno alla residenza nel centro storico – sostiene Fiorentino – E’ possibile che si tratti anche di locazione di tipo turistico e ricettivo. Va distinto ciò che è residenza da ciò che non lo è. In questo modo possiamo stabilire il carico demografico e turistico massimo possibile e creare un argine alla diffusione della turistificazione. Per ora siamo al laissez faire: chi prima arriva, prima si inserisce».

NAPOLI CAMBIA D’USO «in via Benedetto Croce, ad esempio:è un susseguirsi di bar e negozi di cibo da asporto – racconta Anna Fava, docente di latino e greco, della Rete Set di Napoli – È un tipo di commercio che premia solo chi si dedica agli alimentari per i turisti. L’artigianato dei mestieri inserito in un contesto urbano abitato che ha contraddistinto le relazioni economiche e sociali di prossimità nel centro storico chiudono. È l’intera città che sta cambiando di destinazione d’uso con l’introduzione massiccia di Airbnb. Come si diceva nell’antichità è la dose che fa il veleno, nel senso che la concentrazione di queste attività che sta rendendo questi quartieri invivibili. Si sta distruggendo la mescolanza sociale che caratterizza il centro rispetto ad altre città come Roma».

«IL PROBLEMA non è il vincolo Unesco sul centro storico della città, ma come viene usata l’immagine positiva che ne deriva. Il comune e la regione ne sono responsabili. I quartieri stanno diventando centri commerciali a cielo aperto, i palazzi storici sono il palcoscenico usato per vendere un prodotto: l’esperienza di una città». Di solito questi fenomeni sono descritti come una «gentrificazione». «È una parola intesa come «borghesizzazione», luoghi abitati da ricchi – evidenzia Anna Fava – Nelle città però i centri non sono più abitati. I proprietari sono spinti a trasformare i loro appartamenti in case vacanza. Le città sono deserti a disposizione dei turisti». I movimenti che iniziano ad opporsi a questa trasformazione intendono la città come «il terreno di una nuova lotta di classe – sostiene Anna Fava – È diventata l’oggetto della contesa tra chi vuole privatizzare la città e chi vuole che la città resti uno spazio di relazione democratica, sociale, culturale ed economica».

UN ALTRO RACCONTO: IL METODO DELLA CONRICERCA
Sul sito dell’Osservatorio CIvicO sulla casa e la residenza – Venezia (OCIO) (ocio-venezia.it) è possibile leggere, tra l’altro, l’inchiesta «Venezia in affitto (breve)», in particolare sul quartiere popolare di Castello e il modo in cui i primi edifici di edilizia residenziale pubblica (E.r.p.) veneziana come Sant’Anna, Quintavalle e Corte Colonne, sono stati «turistificati» attraverso l’uso delle piattaforme digitali. Anche a Firenze si fa inchiesta per permettere alla cittadinanza di avere accesso a un’altra narrazione rispetto a quella del capitalismo immobiliare, finanziario e dei suoi intermediari digitali. «A chi fa gola Firenze?» è consultabile sul sito del laboratorio politico «Per Un’altra città»: perunaltracitta.org.