L’estate è un periodo fervido di scavi archeologici e di conseguenti annunci di scoperte, spesso gonfiate ad arte per solleticare l’interesse dei media. Così, dopo la notizia della scoperta (o per meglio dire della riscoperta) dell’agorà di Selinunte – secondo i responsabili delle indagini «la più grande del mondo antico» – e a qualche giorno dal rinvenimento di un «tesoro» nel santuario romano di San Casciano dei Bagni, ecco arrivare nuovi «spettacolari» reperti da Pompei. La modalità comunicativa del Parco è ormai ben collaudata: le scoperte vengono presentate alla stampa solo quando il contesto di scavo è stato trasformato in un «set cinematografico», a uso e consumo della «propaganda» ministeriale, la quale da anni ha fatto di Pompei il simbolo di una presunta rinascita italiana. A balzare agli onori della cronaca non sono oggi i soliti calchi di fuggiaschi in preda al dolore (di quelli è già pieno l’Antiquarium inaugurato nel 2021 – un trionfo di voyeurismo e sciatteria –, dove frotte di visitatori si muovono alla rinfusa sorseggiando spremute di agrumi di Sorrento davanti a resti umani e affreschi non adeguatamente esposti) ma alcuni modesti arredi dalla domus del Larario, nella Regio V. Anche in questo caso, come nella stanza degli schiavi di Civita Giuliana, è stato «ricreato» l’antico mobilio colando gesso liquido nei vuoti dello strato di cinerite. Nel tavolino a tre piedi sono ora disposti piatti di ceramica e ampolline di vetro: la fotografia del direttore in posa è servita. A teorie buone per un pubblico appassionato di fiction più che di archeologia (le stanze riportate alla luce apparterrebbero, come proverebbe la sontuosa decorazione del giardino, a coloro che sognavano di diventare ricchi) si accompagnano i proclami del ministro Franceschini e del direttore generale dei musei Osanna sull’eccezionalità dei ritrovamenti. Ma ciascuna scoperta non è forse straordinaria e al contempo ordinaria nella città che dal 1748 restituisce case, botteghe e modi di vita sepolti nel 79 d.C. dall’eruzione del Vesuvio? Osservando di persona l’abbandono in cui versano i quartieri pompeiani non battuti dai circuiti del turismo di massa e l’incuria che, lontano dalla televisione, colpisce persino scoperte altisonanti come il Termopolio affrescato della Regio V (a luglio nascosto da teloni di plastica) o il dipinto di Leda e il cigno protetto da una tettoia che non ne impedisce il degrado, si direbbe che Pompei non sia un «laboratorio di studio e ricerca» ma piuttosto una vetrina politica. E mentre – ovunque nel Paese – la tutela langue e i professionisti dei beni culturali non godono neppure dei diritti fondamentali, il sensazionalismo ammanta ogni vergogna.
Stanze ritrovate, tra fiction e archeologia
POMPEI. Il Parco ha annunciato la scoperta di alcuni arredi dalla domus del Larario, nella Regio V. Ciò che però si genera nella rappresentazione pubblica di tali ritrovamenti sembra essere uguale
POMPEI. Il Parco ha annunciato la scoperta di alcuni arredi dalla domus del Larario, nella Regio V. Ciò che però si genera nella rappresentazione pubblica di tali ritrovamenti sembra essere uguale
Pubblicato 2 anni faEdizione del 7 agosto 2022
Pubblicato 2 anni faEdizione del 7 agosto 2022