«Il governo ha dato garanzie sui livelli occupazionali in Netco per i prossimi cinque anni mentre rimane il problema della Serco sui 16mila dipendenti». A un anno dalla prima richiesta dei sindacati, il governo ha finalmente dato qualche elemento sulla tutela occupazionale degli oltre 36mila dipendenti rimasti in Tim.

Lo spezzatino deciso dall’azienda guidata da Pietro Labriola (primi azionisti i francesi di Vivendi e con lo stato che ha solo il 9% tramite Cassa depositi e prestiti) e avallato dal governo Meloni con la cessione della rete agli americani del fondo Kkr porta alla creazione di due società diverse: NetCo che gestirà la rete e ServiceCo per i servizi commerciali. Oggi in sostanza già presenti con le due «divisioni» già esistenti: 20 mila sulla rete e 16 mila sui servizi.

In questi mesi moltissimi lavoratori di Tim hanno fatto a gara per spostarci a NetCo, nella convinzione che il loro posto sia più tutelato rispetto alla buriana che colpisce le società di telefonia alle prese da anni con una concorrenza selvaggia con tagli costanti all’occupazione da parte dei troppi auttori sul mercato italiano.

L’incontro al ministero delle Imprese è durato poco più di un’ora, presenti il ministro Adolfo Urso, la ministra del Lavoro Marina Calderone e i sindacati di settore Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil che hanno a più riprese espresso preoccupazione per il futuro dei lavoratori in vista della cessione della rete e della divisione dell’azienda in NetCo e ServCo. Il confronto dopo l’incontro odierno è destinato a proseguire con un incontro che si dovrebbe tenere a breve, entro una decina di giorni.

«Abbiamo rappresentato ancora una volta al governo le nostre preoccupazioni su quello che è il contesto che riguarda sia il settore in generale, perché ormai è da anni che manca una vera politica industriale, sia poi la questione specifica su Tim dove riteniamo di essere ancora critici verso un progetto su cui non abbiamo avuto spiegazioni sul perché di questa scelta dello scorporo, unica all’interno del sistema europeo», hanno spiegato i sindacati. “Il governo, insieme all’azienda, ha deciso di percorrere questa strada e noi oggi abbiamo chiesto di capire quali sono le garanzie sulla sostenibilità del progetto in termini di investimenti e in termini di livelli occupazionali», hanno sottolineato.

Sulla rete il governo ha comunicato ai sindacati di aver utilizzato la cosidetta «golden power» per imporre a Kkr di mantenere gli attuali livelli occupazioni di 20 mila dipendenti.

Discorso completamente diverso per i 16 mila delle NetCo. Nessuna garanzia e la cruda realtà che designa margini di manovra quasi inesistenti per utilizzare la cosiddetta «solidarietà espansiva» per mandare in pensione chi sarebbe a 5 anni dalla pensione.

La ministra Calderone ha però aperto all’utilizzo Fondo solidarietà di settore appena partito: da un mese imprese e lavoratori versano lo 0,30% per alimentare risorse che calmierino la ristrutturazione del settore: Vodafone, WindTre, Fastweb, Iliad insieme hanno meno dei 16 mila dipendenti della NetCo Tim.

«Abbiamo chiesto al governo garanzie sulla tenuta di tutte e due le aziende in cui Tim sarà divisa con un occhio più urgente per la Servco che avrà circa 16mila dipendenti, per il 2024 ha finito la base esodabile, e opera in un mercato molto competitivo – afferma Riccardo Saccone, segretario nazionale Slc Cgil – . È stato un incontro interlocutorio, visto che a giorni partiranno i tavoli tecnici sugli strumenti di gestione complessiva della transizione in corso del settore telco, a partire da Tim».